(724) Tocco

Basta un tocco e tutto può cambiare. Un tocco di fortuna o di sfiga e tutto può cambiare. Anzi, tutto cambia. Perché cambi tu dentro, anche se non te ne accorgi, anche se ti sembri sempre la stessa, ma non è così. Te ne accorgi col tempo, quando si è sistemato un nuovo equilibrio, migliore o peggiore non ha importanza, è comunque un’altra cosa, anche se nel minuscolo e nell’intangibile.

Un tocco di gentilezza migliora la tua giornata. Un tocco di ironia solleva la situazione, un tocco di speranza ti fa guardare al domani con un sorriso. Quando nelle cose ci metti un tocco di rabbia si rompono i bicchieri e si rompono i legami e anche certi cuori, quelli che non sanno difendersi e che si affidano ingenui.

Noi siamo fatti di tocchi, miliardi di tocchi in una giornata, e non ce ne accorgiamo. Pensiamo sempre che le cose siano grandi, specialmente quelle che contano, e invece le cose sono sempre piccole, piccolissime. Piccoli tocchi che si sommano uno all’altro e che producono grandi spostamenti e – spesso – grandi danni. Perché non ce ne curiamo, perché non pensiamo abbastanza, perché non ci prendiamo carico delle conseguenze e tanto meno della materia delicata con cui è fatto l’animo umano – che ricorda tutto il male e dimentica tutto il bene.

Se riuscissimo a contare i tocchi che in una giornata diamo agli altri e quelli che riceviamo ne rimarremmo impressionati. Ci verrebbe quasi da chiederci: “Come ho potuto ignorare tutto questo fino a oggi e comunque sopravvivere?”. Ma non lo faremo mai, è troppo rischioso e noi non abbiamo voglia di menate perché già la vita è così complicata che farsi passare il mal di testa è un’impresa. Allora continuare a toccare senza grazia, senza cura, senza bene, il nostro prossimo diventa una scelta obbligata, e continuare a vivere una vita arida e spinosa diventa il nostro unico destino.

No, non è questione di karma, quello viene dopo. Per tutti.

 

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(202) Uscita

Cercare una via d’uscita, fondamentale per poter uscire. Trovare una via d’uscita, invece, può essere anche una questione di pura e semplice buona sorte.

Bisognerebbe, però, essere molto sinceri con noi stessi e chiederci se davvero vogliamo uscire o se è soltanto una storia che ci stiamo raccontando per dormire tranquilli. Disperati perché prigionieri, ma tranquilli perché non è colpa nostra se la sorte non ci è amica.

Non sono mai tranquilla, neppure quando sono certa che ho poca responsabilità riguardo la gabbia in cui mi trovo. Cerco e cerco e cerco, finché non l’ho trovata, l’uscita. E poi, e poi posso anche decidere di non usarla, ma intanto l’ho trovata e so che sta lì e che se dovessi cambiare idea quella è la strada.

L’ho usata spesso, a volte ho pensato di averla usata fin troppo, ma la libertà ripaga di tutto. E la libertà non è mai definitiva, non è mai totale, non è mai onnicomprensiva. La libertà è delicata e imperfetta, non è sinonimo di felicità, anzi, non credo abbia sinonimi e non credo abbia sfumature.

La libertà è cruda, è limpida, è violenta, è estrema. Se non ne senti il dolore, allora non è libertà.

Per questo usare quell’uscita non è impresa da tutti e non è consigliabile a tutti, perché la felicità potrebbe trovarsi dentro la gabbia e non fuori e scoprirlo non è una passeggiata di salute. C’è da perderci la testa, senza via d’uscita.

Forse.

 

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