(949) Posa

A volte ci viene chiesto di metterci in posa affinché qualcuno ci possa scattare una fotografia mentale che diventerà il suo imprinting per far sì che noi, immortalati per sempre, non potremo più sfuggire da lì.

Ci capita più sovente di quel che pensiamo, spesso non ce ne accorgiamo se non dopo tanto tanto tanto  tempo che siamo stati congelati in quel gesto o in quel pensiero o in quel dettaglio. Quando ci arrivano le conseguenze spiacevoli, solitamente (e quelle arrivano sempre).

Il punto è che metterci in posa per la foto ci costa fatica, perché è un artificio e – se non sei un bel talento nella recitazione – l’artificio si sgonfia con nulla, basta una distrazione e puf… esci con gli occhi chiusi. Maledizione!

Vivere tutto il giorno in posa è una follia, credo sia impossibile per chiunque, anche per il più sgamato. Quindi di prassi veniamo colti di sorpresa e siamo ricordati per cose assurde che di noi qualcuno ha colto e che noi ignoriamo. Ma come? Non ti sei accorto del mio cuore enorme? No, ma sono sicuro che hai il naso che pende a destra… [delicatezze di questo tipo, intendo]

Diamo per scontato, allora, che nella testa degli altri (“perché gli altri siamo noi”  cit. Tozzi 1991) siamo qualcosa di talmente assurdo e diverso da come noi intendiamo noi stessi che a volte sarebbe meglio non saperlo. L’ignoranza è beata, lo dicevano i nostri nonni.

Bisognerebbe non farci caso, bisognerebbe essere fatti soltanto di luce e non di ombre così le foto uscirebbero bruciate… bisognerebbe fare qualcosa, lo so. Forse è meglio, però, non fare niente. Mandare al diavolo le pose e le foto e i fotografi e viverci serenamente perché tanto ogni originale è meglio di qualsiasi immagine mentale o reale che possa mai essere scattata.

Nei pregi e nei difetti, ovviamente.

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(689) Sete

Si dice “avere sete di sapere”. Non fame, sete. Il sapere disseta. Non sfama, disseta. Una bibita ghiacciata, una schiumosa birra, un vinello frizzante? No, acqua. Ecco, il sapere è come l’acqua. Indispensabile alla sopravvivenza. Si muore prima di sete che di fame, dicono. Non ho motivo di dubitarne.

Stavo pensando a questo oggi, mentre mi toglievo la sete pagina dopo pagina di un libro iniziato da poche ore e quasi terminato. L’unico modo in cui riesco davvero a godermi una lettura: inizio e tutto un tiro fino alla fine nel più breve tempo possibile. Così non dimentico nulla, non mi perdo alcun passaggio. Semplice e un po’ faticoso, ma funzionale.

Detto questo, mi rendo conto che la mia sete di sapere mi fa accumulare litri e litri di pagine e faccio fatica a starci dentro. Eppure non demordo. Sono sempre convinta che quello che sai nessuno te lo può più togliere e che più sai e più sei attrezzato per affrontare quel che la vita ha in serbo per te. Forse sono solo un’illusa, ci sono state situazioni in cui quello che sapevo non mi è servito a un tubo di niente, ma piuttosto di navigare nell’ignoranza più torbida preferisco una quasi limpida conoscenza di argomenti random. Per la serie va’-dove-ti-porta-la-curiosità. Male che vada, poni che non ti serve a nulla, almeno hai trascorso qualche ora piacevole dentro universi interessanti.

Non mi voglio raccontare di essere una che sa, ma una che vorrebbe sempre sapere un po’ di più sì. Questa è la verità. La cosa più sorprendente è che più approfondisco il mio modesto sapere e meno mi vien voglia di parlare di cose che non conosco bene. Le questioni sono sempre più complicate di quel che sembrano e appena te ne accorgi ti rendi anche conto che farti un’idea del mondo non è cosa subitanea, ci metti un po’ ed è sacrosanto che sia così.

Parlare solo di quello che so può essere abbastanza? Bé, se non lo è allora significa che dovrò cercare di saperne di più. Semplice, no?

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(642) Mirtilli

Tutti amano i mirtilli. Perché aiutano la circolazione, rendendo i capillari meno fragili, tonificano, rendono belli. Lo dicono tutti: erboristi, farmacisti, salutisti, e tanti altri -isti. Tutti. E noi ci crediamo. Ci crediamo perché i mirtilli sono buoni, sono dannatamente buoni, e pensare che quando ce ne facciamo una scorpacciata – aprendo un mutuo perché costano tantissimo – lo facciamo per salvaguardare la nostra salute ci mette la coscienza a posto.

Ora: non è che abbiamo bisogno di andare troppo a fondo all’argomento. Non chiediamo ai mirtilli le prove scientifiche del loro essere agevolatori di benessere, non ci facciamo un’ecodoppler per verificare se dopo mesi di frullati di mirtilli e creme per il corpo ai mirtilli e shampoo ai mirtilli – che le api e compagnia bella ci si sono affezionate mica da ridere – le nostre vene sono veramente migliorate. Andiamo sulla fiducia. Ci fidiamo dei mirtilli, perdio! Che male ci potranno mai fare dei mirtilli, santocielo!

Ecco, vorrei far notare che finché decidiamo di fidarci dei mirtilli –  per le nostre buone ragioni – va anche bene, i mirtilli possono essere anche la panacea per le vene varicose, che ne sappiamo noi?, diamo loro il beneficio del dubbio! Ma.

Ma ci sono questioni che soltanto perché ci paiono belle/buone/sane/innocue non possiamo permetterci di prenderle così come sembrano, senza fare un minimo di approfondimento, senza farci le domande salienti perché non ci va di pensare o di farci carico di risposte che potrebbero non piacerci molto. Non possiamo. Perché siamo nel 2018 e abbiamo l’obbligo di capire l’origine delle cose e il loro valore. Perché non abbiamo più scuse – tipo l’ignoranza – dietro le quali nasconderci, visto che siamo in grado di usare strumenti efficaci per scoprire ciò che non sappiamo ancora. Perché è nostra responsabilità, nostro dovere, nostro onere e di nessun altro. Perché essere presi per il culo non è bello, non è comodo, non è indolore. Perché lamentarsi non è una strategia. Perché non ci possiamo più permettere il lusso di essere un branco di coglioni.

Concludo dicendo che i mirtilli sono i mirtilli e tutto il resto è un punto di domanda. Vediamo di stare più attenti, per favore!

 

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