(947) Anestetico

A un certo punto si inizia a capire che c’è bisogno di anestetizzarci un po’ per le cose che ci portano scompensi. Soprattutto emotivi, che sono i più fastidiosi perché non colpiscono mai un punto soltanto, ma si propagano fin dove neppure li vedi e son cazzi a sistemare tutto. Quindi, in età pre-adolescenziale inizi ad alzare le spalle, poi impari a farlo con più discrezione distogliendo l’attenzione e pensando ai fatti tuoi e poi chiudi proprio la porta appena ti accorgi che lo scompenso si sta per presentare sulla soglia.

L’anestetico funziona, ci permette di sopravvivere. Ha, come ogni farmaco, anche effetti collaterali obbligatori. Anche brutti. Uno fra tutti è che senti di meno. Senti tutto di meno. 

Perché ti anestetizzi ma non è una puntura che fai nel punto che decidi tu, lo spargi dentro di te random e da qualche parte andrà. E lui va. Va dappertutto. Significa che il tuo corpo ogni volta dovrebbe disintossicarsi per ritornare quello di prima, ma una volta che sai come attivare la procedura di addormentamento dei sensi perdi il controllo, la usi a sproposito e non te ne liberi più. L’anestetico sparso ovunque fa il suo mestiere: anestetizza. Ogni parte di te che incontra. Senza pregiudizi, senza cattiveria. Prende quello che c’è e potrebbe prendersi tutto. 

Piano piano, ovviamente, e puoi anche non accorgertene. Piano piano, ma in modo sistematico e senza ritorno. A meno che non succeda qualcosa di veramente traumatico che ti risveglia. Una disintossicazione violenta, diciamo. 

La vecchia abitudine non muore però e, appena puoi, ritorni all’uso smodato. E non sentire è brutto, non sentire niente dev’essere davvero brutto. Quell’inferno consolatorio di chi ha abbracciato l’indifferenza come filosofia e ha giurato di farla pagare a tutti. Chi c’è c’è. 

Evviva.

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(928) Bambola

Destinate fin da piccole a confrontarci con queste creature che non parlano, non pensano, non fanno nulla se non glielo fai fare tu, che sono pressocché perfette di fattezze e che restano così per sempre. Siamo messe bene, no?

E poi le rivoluzioni sessuali, le rivoluzioni sociali, le rivoluzioni che ci hanno viste in prima linea per accapparrarci diritti che erano già nostri ma che nessun uomo si sarebbe mai sognato di concederci.

E poi, ora, di nuovo bambole. Che se pensano, parlano, e fanno cose che magari non ti aspetti, non vanno bene. Non vengono prese sul serio, vengono trattate con malcelato fastidio. Bambole che dovrebbero essere perfette e non lo sono. Dovrebbero stare lì dove le hai messe e non ci stanno. Noi donne. Tutte.

E non ti sembra sia vero finché non ne paghi le conseguenze, e tutte le donne prima o poi le conseguenze le pagano. In quel momento ti svegli e inizi ad avere paura di pensare, di dire, di fare. Finché non ti stanchi di aver paura e magari inizi a pensare meglio, a dire di più, a fare senza bisogno di chiedere il permesso a nessuno.

Gli sbagli, i sensi di colpa, il ricominciare ostinato, il risbagliare ostinato, la costante domanda: non era meglio rimanere una bambola?

L’unica risposta possibile: no.

Mai.

M

A

I

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(744) Riserva

Oggi – dopo millenni, e non scherzo – ho viaggiato in riserva. Nel senso che per un guasto elettrico non mi si apriva lo sportellino e non potevo fare benzina. Ho viaggiato in riserva finché ho raggiunto un meccanico che mi ha gentilmente risolto il problema – santo subito. Quando sono riuscita a fare il pieno mi sono sentita così leggera che pensavo di averlo fatto con l’elio. Non sto scherzando.

Ecco, usando questo evento come simbologia, credo di essere in riserva. Sto viaggiando usufruendo degli ultimi grammi di neuroni rimasti svegli. Manco di sonno da decenni ormai. Non riesco a dormire e dipende da tutto, ma proprio tutto: dai rumori, dalla luce, dal caldo e dal freddo, dai pensieri, dalle ansie, dal mal di schiena, dai gatti, da-dio-solo-sa-che-cosa…

Manco disperatamente di sonno e quando tutto tace, quando potrei dormire, quando quando quando… sto qui alla tastiera a scrivere. Sarò assurda o cosa? Mah.

La questione è che il mio essere in riserva e comunque filare, prima o poi, lo pagherò caro. Vorrei evitarlo, dovrei dormire. Per esempio adesso. Dovrei smettere di scrivere e buttarmi nel letto e piombare istantaneamente nel sonno più profondo che c’è. So già che non succederà, eppure ci spero.

Tutto questo è partito dal concetto di essere-in-riserva-sparata e quindi in totale ansia isterica e riuscire a raggiungere un distributore per risolvere il problema e sollevarsi fino al cielo per lo scampato pericolo. Sarà banale, ma è da stamattina che ci sguazzavo in quest’ansia maledetta e questa cosa m’ha segnata. Credo che non chiuderò mai più lo sportellino e che non partirò mai più con meno di 50 euro di benzina in serbatoio e che porterò l’auto ogni mese a fare un check e che… No, davvero, non posso credere al culo che ho avuto. Impressionante.

Buonanotte a chi può dormire e ancora di più a chi non può.

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