(646) Nocciolo

Andare al nocciolo, sembra cosa facile, ma per la maggior parte delle persone è pressocché impossibile. Si perdono in dettagli da nulla, raccolgono ciò che non ha alcun significato e lo trasformano in qualcosa che non c’entra niente. Partire per la tangente sembra essere lo sport che va per la maggiore di questi tempi. 

Si parte parlando di cavoli e si finisce per discutere di merende. Delirio.

La cosa peggiore è che nove volte su dieci manco ci rendiamo conto che siamo stati sviati, siamo stati manovrati e condotti in un altrove senza senso e che il punto cruciale, a cui dovevamo arrivare per ripartire da lì e cercare di trovare una soluzione, è svanito nel nulla. Non esiste più. Esistono le stronzate che sommandosi a valanga hanno causato lo sfacelo della logica e del buonsenso.

Non succede soltanto in televisione, durante quei talk-show patetici che ormai ci escono dalle orecchie, succede ovunque. O-V-U-N-Q-U-E. Siamo circondati, non abbiamo scampo. Veniamo travolti da discussioni che hanno come scopo il confonderci le idee, ci propinano teorie e studi di settore che il più delle volte sono campati in aria e noi – che non ci fermiamo neppure per tirare un respiro – prendiamo per buono quello che è invece soltanto aria fritta. Ci turiamo il naso quando sentiamo puzza di marcio e facciamo finta di niente, perché siamo stanchi di ascoltare, stanchi di capire, stanchi dei problemi da risolvere, stanchi stanchi stanchi di essere sempre stanchi.

Houston, abbiamo un problema.

Come far passare questa stanchezza atavica? Non lo so, ma forse non può passare, forse dobbiamo forzarla, dobbiamo disintegrarla forti del fatto che se non lo facciamo diventeremo degli zombie decerebrati e verremo ridotti in schiavitù da chi usa il proprio potere per schiacciare il prossimo.

No, non lo siamo ancora schiavi. Ce lo vogliono far credere, ma non lo siamo ancora. Sappiamo ancora ascoltare e arrivare al nocciolo della questione. Dobbiamo solo mettere da parte un po’ della nostra stanchezza trovando come motivazione il fatto che vogliamo e dobbiamo mantenerci vivi.

Si può fare? Io credo di sì.

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(615) Esperimento

Oggi mi sono guardata come se fossi una sorta di esperimento vivente. Non so come mi è venuta ‘sta idea, ma è stato interessante. Mi sono domandata: ma sono un esperimento riuscito o fallito? Ancora non ho trovato una risposta.

Ho sempre praticato l’attraversamento delle esperienze come metodo di apprendimento, a volte potevo anche risparmiarmelo ma quando si è giovani le forze non mancano e neppure la presunzione di poter affrontare tutto e comunque uscirne senza troppi danni. I danni non li percepisci subito tutti, escono in superficie un po’ per volta, magari quando attraversi un’esperienza analoga e ti ritrovi menomato, non integro, ed è una brutta scoperta. Una scoperta che ti toglie le forze e, soprattutto, la fiducia in te stesso.

Fatto sta che, seppur danneggiata, sono ancora in funzione, suppongo che l’esperimento in questo senso sia riuscito. Temo di essermela cavata per un soffio, ho detto addio a ogni illusione di forza e prestanza e mi sono sistemata su valori medi. Non vale la teoria del è-intelligente-ma-non-si-impegna-abbastanza con cui a scuola mi hanno martellato, bensì non-è-abbastanza-intelligente-ma-non-difetta-di-impegno, e nel cambio ci guadagno anche.

I test non sono ancora finiti, temo non finiranno mai, e i risultati cambiano di giorno in giorno con feedback altalenanti e ben pochi colpi di culo. Ho dalla mia ancora un paio di chili di motivazione (sparsa in giro) e sto cercando di farmela durare. Devo trovare al più presto un distributore, non durerà a lungo.

Vabbé, fine rapporto esperimento B72.

Passo e chiudo.

 

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(606) Goal

Mai vinto davvero una partita, lo so, ma ho fatto tanti goal. Mai abbastanza, lo so, ma ne ho fatti tanti e pure belli. Quelli che te li riguarderesti mille volte perché sono il frutto di una strategia, di un disegno fatto per bene. Giusto che lo tenga presente, di tanto in tanto, altrimenti mi sembra che il tempo trascorso non sia servito a niente.

La grande ambizione, com’è ovvio che sia, è quella di poter vincere una partita, almeno una volta. Una tripletta coi controfiocchi, vittoria clamorosa e… adios, mi riposo per un po’. Sì, mi piacerebbe.

E lo so che ci sono campioni e poi ci sono io, lo so. So anche che ci sono partite facili, in cui manco mi ci metto, e partite quasi impossibili – le mie preferite, c’è da dirlo? – quindi non è che se non vinco è perché sono proprio una schiappa… è che alzando il tiro, magari manchi la porta proprio quando quel punto ti farebbe portare a casa la vittoria, e se perdi una partita così tosta sai che puoi sempre dare la colpa alla sfortuna (anche se la sfortuna non ne ha alcuna di colpa).

No, al momento non sono intenzionata a mollare. Sto aspettando l’occasione giusta per giocarmi tutto, ogni grammo di energia rimasta, e vedere come va a finire. Devo ammettere che non mi aspettavo di arrivare fino a questo punto e, un senso, questa lentezza perversa ce l’ha. Pazienza non ne ho più molta, forse anche questo potrebbe giocare a mio favore al momento opportuno. Ci sono cose da completare, percorsi da compiere, progetti da realizzare.

Ma che scherzi? Sono qui per questo.*** [cit. G.P.]

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(157) Motivare

Secondo me la migliore motivazione del mondo può partire solo dal sogno. Se curi con tutte le tue energie il tuo sogno più caro la spinta di cui beneficerai ti può fare arrivare fino alle stelle.

Mi sono sempre domandata perché a un certo punto, durante l’adolescenza, ti viene ripetuto a martello di smettere di stare sempre con la testa tra le nuvole. Smettila di sognare a occhi aperti!

Perché? Che fastidio ti do se me ne sto per i cavoli miei a pensare a qualcosa che mi fa stare bene? Perché ti rode tanto che io possa avere pensieri che mi fanno sorridere, che mi fanno venire voglia di volare?

E ti chiedo, esserino triste e frustrato: se non le sogni le cose, come puoi sperare di realizzarle?

Diffido di chi ha smesso da troppo tempo di sognare, diventa pericoloso, è come una pentola a pressione senza valvola di sfogo capace di scoppiare da un momento all’altro. Quando smetti di sognare covi rabbia, rabbia contro il mondo intero che ti ha rubato i sogni.

Nessuno può rubarti i sogni, sei tu che ti sei arreso e hai iniziato a pensare che i sogni fossero solo una perdita di tempo. Fai mea culpa e ricomincia daccapo. Reinventati bambino, impara di nuovo a vagare tra le nuvole e impegnati in qualcosa che puoi fare a costo zero e senza sforzo fisico: sogna.

Vedrai che è da lì che ricomincerai a riappropriarti della voglia di vivere.

Sogna!

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(116) Muro

Ogni volta che ne ho trovato uno ho dato una cornata. Così, tanto per saggiarne la resistenza. Molti si sono frantumati al primo sbang, altri mi hanno rotto le corna. Poi le corna ricrescono, mi sono sempre detta, e così hanno fatto. Solo che fa comunque male e non è che se te le rompi una volta fa male e la volta dopo fa meno male perché tanto ti ricordi che male ti ha fatto la prima volta.

Questo per dire che sono stata piuttosto sciocca in questi miei anni a sottovalutare quanto fa male rompersi le corna contro un muro.

Un muro, soltanto perché è un muro, non mi fa pensare che l’accesso mi sia negato, mi fa solo prendere atto del fatto che davanti a me c’è un muro. Sta a me valutare, di volta in volta, se vale la pena passarci attraverso e quanto sono disposta a sacrificare per farlo. Sì, perché le corna non sono l’unica cosa che ci rimetti quando carichi un muro. C’è tutto quello stato d’animo difficile da spiegare e impossibile da gestire che accompagna l’azione: da quando prendi la mira, allo sbang, fino al sanguinamento con bendaggio (e relativa convalescenza).

Determinazione e focalizzazione dell’obiettivo (bella carica delle tue motivazioni interne), adrenalina e potenza (tutta quella che hai, pur non essendo Hulk) che anche se non vuoi ammetterlo si porta con sé qualche aspettativa ottimistica, e accettazione della realtà (muro troppo duro e corna rotte) che comporta una presa di coscienza anch’essa piuttosto dolorosa (che presuntuosa sono? Mi sta proprio bene, così la prossima volta ci penso due volte prima di andarci addosso).

Cos’è che ti frega la prossima volta? Semplice: il crederci. Credere che quel muro sta lì per farsi buttare giù. Proprio da te.

Sbang!

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