(769) Posta

Non scrivo più lettere, scrivo post. E non è la stessa cosa. Non indirizzo più i miei pensieri a una persona fisica conosciuta, di cui posso immaginare le espressioni del viso mentre scorre le righe che la mia penna ha lasciato sui fogli. Ora lancio nella rete pensieri che rivolgo a me stessa, senza immaginare alcun volto e alcun nome. Non può essere sana ‘sta cosa, mi dico, ma lo faccio perché non credo che ci sia qualcuno in attesa di ricevere una mia lettera, come un tempo c’era. Anzi c’erano.

Scrivevo 60 lettere al mese e le spedivo ai miei corrispondenti sparsi in tutta Italia. Facevo parte di un nutrito gruppo di Fanziners e ancora internet non era roba di tutti, non era di certo roba mia. Ci scrivevamo conoscendoci sempre un po’ di più e poi ci incontravamo per vivere insieme pezzetti d’esperienze da ricordare. Un periodo pieno di meraviglia e buoni sentimenti, indimenticabile.

Compiuti i trent’anni ho fatto un paio di scatoloni belli grandi, ho buttato dentro tutte le lettere che tenevo gelosamente da parte. Alcune le ho aperte e le ho rilette con commozione. Di alcune non ricordavo nulla, di altre ricordavo ogni riga. Quando sono riuscita a dire addio a tutte ho fatto un bel falò. Dovevo.

Ho bruciato anche tutti i miei diari di scuola, quelli che avevano ricevuto più che i compiti da fare per il giorno dopo centinaia di foto dei miei idoli del tempo, con decorazioni originali in colori sgargianti (usavo i colori sulle pagine più che sui vestiti proprio come ora). Mentre bruciavano scoppiettando davo l’addio alla mia adolescenza matta, augurandomi che non mi abbandonasse mai del tutto.

Riti di passaggio, dicono che fanno bene. In effetti male non fanno (accontentiamoci va là).

Ritornando alle lettere che non scrivo più, penso che potrei ricominciare qualora mi innamorassi. M’è venuta così ‘sta cosa, proprio ora, non me l’aspettavo neppure io, ma se faccio mente locale l’unica ragione sensata per ricominciare a scrivere lettere a un viso conosciuto da immaginare mentre legge le mie righe è proprio questa: innamorarmi.

[sto ridendo, è bene che lo sappiate, sfidare l’impossibile è piuttosto divertente]

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(320) Terra

Un pianeta piccolo, il nostro, eppure enorme. Enorme per quante meraviglie contiene, impossibile non innamorarsene o smettere di esserne innamorati. Vero?

Gli Esseri Umani hanno saputo creare e prosperare, usando tutto quello che il pianeta aveva a disposizione. Impossibile non essergliene grati, impossibile non prendersene cura, impossibile non fermarsi a deporre le armi quando si è decisamente andati oltre. Vero?

Ora ci sono due piccoli esseri vermicefali velenosi che scuotono la Terra come se fosse un salvadanaio da cui estrarre monete risparmiate. La Terra che ci ha riempito le mani con la sua incredibile ricchezza ci guarda attonita: “Ma come? Non vi basta? Tutto quello che c’è non vi basta?”.

Noi alziamo le spalle come se non ci riguardasse. La Terra trema, frana, s’indigna e noi ci lamentiamo per quanto la troviamo crudele. I due vermicefali ridono. Noi andiamo in vacanza. Se fossi la Terra mi sbarazzerei dell’intera Umanità. Subito.

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(113) Mente

Trovo abominevole che a scuola non si faccia neppure un minimo cenno a come funziona la nostra mente, la nostra memoria, la nostra logica (sì, neuroscienze in soldoni), credo sia abominevole.

Se un ragazzo non sa come funziona il suo cervello, come il suo cervello lo può gestire se non impara a gestirlo lui, come il suo cervello può salvarlo quando il suo cuore è a pezzi, come il suo cervello può essere la sua dannazione se non se ne prende cura e se non lo tratta in modo corretto, come diavolo può capire gli effetti devastanti sulla sua mente di una droga, dell’alcool e di ogni abuso in cui si potrebbe imbattere?

Facciamo innamorare i nostri ragazzi delle proprie menti, aiutiamoli a usarle bene, a guardarsi dagli inghippi cervellotici e a ampliare il più possibile la portata delle loro capacità.

Diavolo, facciamolo subito!

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