(761) Relax

Il mio concetto di relax fa acqua da tutti i pori. Quello che per ogni Essere Umano di buonsenso è semplice pratica-del-non-far-niente, per me diventa motivo di macchinazione sui modi che potrei impiegare per fare qualcosa per distendere i nervi.

Ovvero: fare qualcosa per rilassarmi. Presente?

Dovrei io prendere in considerazione il non-fare-niente come pratica di rilassamento forse? Giammai! Devo leggere e sottolineare e commentare a bordo pagina, possibilmente, o devo guardare un film mentre controllo la posta e prendo appunti per possibili progetti futuri, o mentre passeggio mi immergo in riflessioni senza fondo sul da farsi per risolvere questa o quell’altra situazione e via discorrendo. In poche parole, se per me la meditazione è pura utopia, il relax è ridicola presa in giro. Non c’è mai una non-attività di qualsivoglia angolo del mio cervello, non c’è mai lo scorrere del tempo fine a se stesso, non c’è mai il cazzeggiare a fondo perso. Mai. Al massimo sospendo un pensiero ossessivo per sostituirlo con un altro finché mi stanco e riprendo in mano quello lasciato in naftalina il mese precedente.

Il relax dei sani di mente mi è precluso, arrendiamoci all’evidenza.

Se sotto la doccia mi vengono le idee migliori, se guidando mi compaiono davanti soluzioni geniali, se giocando a Toon Blast o a Wood Block ho squarci di lucidità dove poter costruire una strategia, tutto questo NON è relax. E se me ne sto seduta comoda, magari sdraiata, ascoltando musica e pensando al niente (madddove?! maqqquando?!), è ovvio che dopo tre minuti m’addormento… e neppure questo è relax, è dormire – che è tutta un’altra storia santiddio!

Va a finire che mi mancano proprio le basi. Le basi per vivere intendo. Ma che ve lo dico a fa’, ormai lo sapete meglio di me.

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(688) Tastiera

Osservando oggi la mia vecchissima e pesantissima Olivetti – per pulirla un po’ – ho ricordato quei due anni di dattilografia che mi vedevano perennemente con le dita scorticate. Un fastidio! Eppure tutte le inverosimilmente noiose ore trascorse a fare esercizi di memorizzazione a ritmi diversi, mi hanno permesso di andare alla cieca e spedita come una saetta, tanto da riuscire a seguire meglio i pensieri quando vanno troppo veloci anche per la penna sul foglio.

Mi sorprende sempre vedere come le mie dita sappiano dove andare, nonostante io non badi a loro, pigiando i tasti giusti e senza tentennamenti. Una sorta di possessione.

Impariamo così, memorizzando e attuando in automatico quello che ormai già sappiamo fare. Diventa parte di noi. Scrivere, guidare, farsi un piatto di pastasciutta… una parte di noi si occupa di compiere questi gesti, l’altra parte pensa al resto. E il resto può essere piuttosto vasto.

Dove sono le chiavi? Dove ho messo il portafoglio? Ho preso il cellulare? Ho chiuso la porta di casa? Ho buttato la spazzatura? Almeno una volta al giorno me lo domando, dandomi ogni volta della cretina: ma dove diavolo ti va la testa, Babs!!! Ecchenneso!

Quando, però, appoggio le mani sulla tastiera è come se fossero loro a tirare fuori da me le cose che devono essere scritte. Lascio a loro il compito e guardo come va. Prima di postare rileggo – se il sonno non mi vince – e sistemo quello che posso sistemare. Non riscrivo mai, qui non si tratta di perfezionare, qui si tratta solo di scrivere meglio che posso e con tutta l’onestà che posso, che è già un bel casino senza impormi virtuosismi inutili, faticosi e senza senso.

Comunque ribadisco: appoggio le mani sulla tastiera e non è più affar mio. Credo che per quanto quello che so fare non rischierà di cambiare il mondo, per quanto sia cosa imperfetta, che io lo sappia fare, che le mie mani lo sappiano fare è strabiliante. Lo è davvero: strabiliante.

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