(1081) Scorta

La mia scorta di pazienza era notevole. La mia scorta di buone-intenzioni-nonostante tutto era mica da ridere. La mia scorta di comprensione e vicinanza poteva far invidia al Dalai Lama. Lo giuro. 

Ebbene: tutto esaurito.

Non mi è rimasto più un grammo da utilizzare, sono stata prosciugata dagli eventi. E sono d’accordo che ho il 50% di responsabilità e che dovevo averne più cura, ma è anche sacrosanto che tirare la corda oltre ogni limite come se fosse normale e addirittura ovvio è una scelta calcolata e bastarda e le persone che ne sono artefici non si fermano finché glielo permetti.

Ebbene: non lo permetto più.

E non ci sono arrivata perché sono diventata arrogante ed egoista. Purtroppo no, sarebbe bello fosse così perché significherebbe meno patimento e più godimento. No, troppo facile. Ci sono arrivata per sfinimento, esaurimento delle scorte. E la cosa ha tutta un’altra portata. So che chi lo ha provato lo capisce perfettamente senza bisogno di spiegazioni.

Quando sei agli sgoccioli, quando non ne hai più, ti passa proprio la poesia. Ti viene voglia di tirare calci e pugni random, ti partono gli smadonnamenti per ogni cazzata che ti viene a sbattere addosso. Ecco. So che chi ci è passato sa esattamente di cosa sto parlando.

Quindi: si mette un punto.

Si chiarisce che di lì non si passa più. Si cambia. Si cambia in quello che puoi e vuoi fare. Si cambia in quello che sei disposto a condividere e quello che sei disposto a sopportare. Si cambia, punto e basta. E non lo so ancora se sarà un cambiamento permanente o se è soltanto un periodo di svarioni, addirittura non me ne frega nulla. Non è che le scorte son finite all’improvviso, le ho viste calare di mese in mese, di anno in anno, e ho anche tentato di fermare l’emorragia, ma nonostante i miei tentativi non c’è stato verso di salvare il salvabile.

Perfetto: ormai le cose stanno così.

Chiaramente non muore nessuno, non ci saranno Apocalissi e molto probabilmente saranno in pochi ad accorgersene, ma va benissimo. Basta che lo sappia io, basta che sia io a sentire nello stomaco e nella testa quel punto che ho messo e che resterà lì a lungo. Credo per sempre.

No, non mi dispiace. Non me ne frega più niente.

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(828) Guinzaglio

Serve a portar in giro il cane. Nel senso che lo porti dove vuoi tu. Lui può impuntarsi e farti bestemmiare in aramaico antico se non vuole muoversi, ma – dato di fatto – sei tu che hai il potere e alla fine vincerai. Lo porterai dove decidi che dovete andare. Non glielo chiedi, glielo imponi. Se lui è docile ti seguirà senza fare storie, altrimenti diventerà un fastidio che sistemerai applicando il tuo ruolo di capobranco.

Stiamo parlando di uomo/donna vs cane. E basta.

Non puoi mettere il guinzaglio a un uomo o a una donna, gli Esseri Umani non vanno portati in giro a fare pipì. Loro si scelgono liberamente dove farla, che ti piaccia o no. Pensare che un uomo/donna possa avere in mano il potere di decidere dove un altro Essere Umano deve andare o stare è aberrante. Se si basano le Leggi su questo principio si evitano idiozie e abusi piuttosto importanti per la salvaguardia della dignità umana. Questo è quello che penso.

Dal macro al micro: mi è capitato più volte di essermi ritrovata al guinzaglio, senza manco accorgermi. Ovviamente ho fatto ben altro che impuntarmi per dare fastidio, ho proprio spezzato la corda a morsi e me ne sono andata dove ho creduto bene di andare. Questo perché non sono un cane, anche se non sono proprio sveglissima e ci sono cascata.

Il punto è che ci si casca. Basta che affidarsi alla guida di qualcuno privo di scrupoli, privo di sensibilità, privo di buonsenso, privo di qualsiasi umana accortezza e track, vieni tirata da una parte o dall’altra da un dannato guinzaglio. Che tu sia uomo o donna, adulto o bambino, intelligente o stupido, non fa alcuna differenza, basta essere in buonafede e il rischio si concretizza. Bisogna stare attenti.

Ho intenzione di reimpostare il gioco, ho intenzione di togliermi il collare (da quanto tempo ce l’ho su, ‘sto maledetto?!) per rendere l’acchiappo più difficile, ho intenzione di non aspettare di vedere dove mi stanno portando prima di dare un morso alla mano sciagurata e andarmene via. Non ho più tempo da perdere, né pazienza da impiegare per i giochi idioti di qualche arrogante giocherellone che si crede furbo, più furbo di me.

Non sono un cane. Sono una gatta. Sia chiaro.

[ma se fossi un piccione saprei benissimo su che testa focalizzarmi]

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(612) Pretesa

Una cosa subdola, si fa fatica a riconoscere la propria perché ci mette davanti a un dato di fatto: meriteremmo un bel calcio in culo.

Il Buddhismo ci consiglia di lasciare andare le aspettative, in questo modo ci avviciniamo al Nirvana. Sono anni che ci penso, anni che mi trovo talmente lontana da questo concetto da dubitare di averlo compreso veramente. Dal mio dubbio sono risalita alla sorgente e – sono ancora in marcia, la strada è lunga – in questa mia tappa odierna (le illuminazioni arrivano quando vogliono loro, mica quando decidi tu) sono riuscita ad afferrare questa parola: pretesa.

Mollare la pretesa che soltanto perché esisti il mondo debba essertene grato, tanto per iniziare.

Non c’è niente da fare, ci ricaschiamo ciclicamente. E mentre combattiamo, come-devono-andare-le-cose VS come-noi-pretendiamo-che-vadano-le-cose, si compie il nostro Destino.

La sostanza è questa: l’avere aspettative, l’attendersi qualcosa, è il carburante che ci permette di muoverci per soddisfarle. Questa cosa delle aspettative a me è necessaria, non mi piace perdere tempo, fare le cose senza aspettarmi niente non me le fa fare bene, le faccio come vuoto-a-perdere. Va al di là delle mie forze. Quello, invece, che devo e posso smettere di fare è alimentare ‘sta maledetta pretesa che le cose saranno e andranno come voglio io perché… perché sono io che le voglio, ovvio!

Nessuno è disposto ad ammetterlo, ma ce lo dobbiamo mettere in testa tutti che le pretese sono arroganti, sono fastidiose per chiunque ci stia attorno e sono mortificanti. Più spingi le cose dove vuoi tu e più vanno dove cavolo ne hanno voglia. Forse perché non pensano che tu sia il massimo della vita, e come dare loro torto?

Va bene, mettiamo il caso che non stiamo avendo ciò che ci meritiamo, ma se ci fosse in serbo per noi qualcosa di meglio perché buttarlo? E soprattutto: ma siamo proprio sicuri che ce lo meritiamo? Ma daverodavero?

A me un dubbio rimane. Fare di più, spesso, non guasta.

 

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