(1081) Scorta

La mia scorta di pazienza era notevole. La mia scorta di buone-intenzioni-nonostante tutto era mica da ridere. La mia scorta di comprensione e vicinanza poteva far invidia al Dalai Lama. Lo giuro. 

Ebbene: tutto esaurito.

Non mi è rimasto più un grammo da utilizzare, sono stata prosciugata dagli eventi. E sono d’accordo che ho il 50% di responsabilità e che dovevo averne più cura, ma è anche sacrosanto che tirare la corda oltre ogni limite come se fosse normale e addirittura ovvio è una scelta calcolata e bastarda e le persone che ne sono artefici non si fermano finché glielo permetti.

Ebbene: non lo permetto più.

E non ci sono arrivata perché sono diventata arrogante ed egoista. Purtroppo no, sarebbe bello fosse così perché significherebbe meno patimento e più godimento. No, troppo facile. Ci sono arrivata per sfinimento, esaurimento delle scorte. E la cosa ha tutta un’altra portata. So che chi lo ha provato lo capisce perfettamente senza bisogno di spiegazioni.

Quando sei agli sgoccioli, quando non ne hai più, ti passa proprio la poesia. Ti viene voglia di tirare calci e pugni random, ti partono gli smadonnamenti per ogni cazzata che ti viene a sbattere addosso. Ecco. So che chi ci è passato sa esattamente di cosa sto parlando.

Quindi: si mette un punto.

Si chiarisce che di lì non si passa più. Si cambia. Si cambia in quello che puoi e vuoi fare. Si cambia in quello che sei disposto a condividere e quello che sei disposto a sopportare. Si cambia, punto e basta. E non lo so ancora se sarà un cambiamento permanente o se è soltanto un periodo di svarioni, addirittura non me ne frega nulla. Non è che le scorte son finite all’improvviso, le ho viste calare di mese in mese, di anno in anno, e ho anche tentato di fermare l’emorragia, ma nonostante i miei tentativi non c’è stato verso di salvare il salvabile.

Perfetto: ormai le cose stanno così.

Chiaramente non muore nessuno, non ci saranno Apocalissi e molto probabilmente saranno in pochi ad accorgersene, ma va benissimo. Basta che lo sappia io, basta che sia io a sentire nello stomaco e nella testa quel punto che ho messo e che resterà lì a lungo. Credo per sempre.

No, non mi dispiace. Non me ne frega più niente.

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(843) Standard

La intendiamo come normalità. Una cosa, una situazione, una persona ordinaria. Già sai come inizia e già sai come finisce, quindi? Sciallo. Nel positivo come nel negativo, beninteso, perché è comunque una cosa che ci ha visti già passare, ci ha già preso le misure, e che intende replichersi così come è sua natura fare. Amen.
 
S’è capito che gli standard mi terrorizzano? No, perché sono davvero terrorizzanti, vero?
 
Viscidamente ti mettono in una situazione dove abbassi la guardia. Ti poni di fronte a uno standard con una certa remissività, abbassi la testa in un certo senso. Lui ti saluta con un famigliare “ehi, amico!” e tu rispondi con un rassegnato “ah, ciao”. Non ti permetti alcuna enfasi, lo riconosci – certo – ma preferisci essere cauto, non ti fidi. Ma cauto mica significa che già non sei entrato nel tunnel del so-già-cosa-mi-aspetta-fanculo-speriamo-stavolta-di-non-lasciarci-le-penne, anzi, te lo stai già arredando il tunnel. E tu lo sai, perché gli standard solitamente hanno un lungo iter. Richiedono tempo.
 
Vabbé, non voglio dire che stare sempre allertati ci fa vivere bene, ma il punto è che gli standard NON sono innocui. Sembrano! Solo lo sembrano, ma non lo sono!
 
Si tende a dimenticarlo perché hanno una forma rassicurante, quel già-visto-che-sta-bene-su-tutto (tipo il tubino nero di Audrey Hepburn, che però se lo indossa lei è elegante e se lo indosso io diventa inguardabile – il tubino, mica io! Eh… certo certo).
 
Ora, non lo sto dicendo per seminare il panico, ma voglio creare nei loro confronti una sorta di clima di sospetto, voglio incentivare nei loro confronti uno sguardo critico, un atteggiamento combattivo o comunque di sfida. Sì, sfidiamo gli standard! Facciamogli vedere di che pasta siamo fatti, noi che dagli standard ci siamo sempre presi le porte in faccia. Regoliamoci di conseguenza una volta per tutte: “Di chi porte in faccia ferisce, di porte in faccia perisce”, recita l’adagio. Quindi avanti tutta, senza scrupoli!
 
Io non odio nessuno, ma gli standard proprio non li sopporto. Proprio.
 
S’era capito?
 
 
 
 
 
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