(833) Ananas

Se le mangi non ancora mature fanno schifo. La maturazione conta, questa è la grande lezione che ci dà la frutta. E la domanda sorge spontanea: perché la maturazione dovrebbe contare soltanto per i vegetali e non per gli umani?

Ragioniamoci su un attimo: ai miei tempi (sì, io lo posso dire, la mia età me lo permette) mi sentivo ripetere “quando sarai grande farai come vuoi tu” e io anziché arrabbiarmi e basta, mi arrabbiavo e m’immaginavo tutte le cose pazze e divertentissime che avrei fatto una volta diventata grande. Diventare grande significava essere abbastanza maturi da riuscire ad affrontare le cose da grandi, che erano ben più complicate di quelle riservate ai bambini. Ovvio.

Ok, ci ho messo un bel po’ per rendermi conto che non sempre si affrontano le cose quando si è pronti – spesso la vita te le anticipa per vedere come saprai reagire – ma è chiaro che le capisci davvero, le cose, quando sei abbastanza maturo per notare certi collegamenti.

Un frutto maturo è più buono, dà il meglio di sé, è pronto per essere quello che è destinato ad essere, al 100%. Non rimpiange il tempo in cui era striminzito e acerbo, col fisico asciutto e verdognolo… eh!

Un uomo/una donna in età matura invece lo fanno. Si guardano indietro e rimpiangono com’erano. Non si rendono conto che il loro stato adulto, più consapevole, più denso, li innalzano a una condizione benedetta dove la vita acquista un valore che non ha mai avuto prima. Se sei davvero una persona matura, non ti proietti nel passato per recuperare la tua verde età, gioisci del fatto che è tempo andato e che sei sopravvissuto abbastanza a lungo da goderti davvero la vita perché stai cominciando a capirla.

Chi ti dà un morso, ora, prova soddisfazione. E tu ti fai mordere da chi scegli e non dal primo che passa soltanto per fare un’esperienza selvaggia e divertente.

[ho sintetizzato un concetto che può comportare qualche fraintendimento, ma ho deciso che me ne frego, sono abbastanza matura per accollarmi le conseguenze del caso]

Insomma, quello che voglio dire è: forse abbiamo un’idea della maturità piuttosto triste e claustrofobica. Come se fosse obbligatorio perdere qualcosa di caro (l’ingenuità, la spensieratezza, la leggerezza, l’irresponsabilità, l’immediatezza) per caricarsi di una croce (la vita stessa) che sicuramente ci porterà alla tomba senza grandi gioie o soddisfazioni. Credo che ci stiamo facendo un torto. Invecchiare così è davvero un’agonia.

Io rivendico il mio diritto di essere una fragola a giugno, un fico a settembre, un grappolo d’uva a ottobre, un melograno a novembre, un’ananas che se la spassa ai Caraibi tutto l’anno!

E chi mi ama mi morda… Ahia!

 

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(329) Benessere

Me lo sto domandando spesso: di che cosa è fatto il mio benessere? Non ho ancora trovato una risposta univoca, solida, pacifica. Si forma una specie di entità multiforme, che vortica su se stessa e travolge tutto, ogni volta che ci penso.

Scoprire, per esempio, che trovo un profondo benessere nello stare sola e poco dopo guardare il cellulare per controllare se ci sono state chiamate o messaggi, non è sintomo di raggiunto equilibrio. E ‘sta cosa mi disturba.

In ogni circostanza, in effetti, in cui mi sento a disagio o infastidita o distonica mi si rende evidente quanto il sacrosanto stare bene con se stessi sia lontano da me. Proprio un altro pianeta! Eppure, se sono sola non succede. Quando sono sola non mi sento a disagio, non sono infastidita da me stessa, non sento distonia… questo equivale a uno stato di benessere. Quindi si ritorna punto e accapo: cos’è per me uno stato di benessere?

Non lo so. Non ne ho idea. Molto probabilmente non lo so perché non l’ho mai provato. O forse perché non sono proprio stata programmata per provare uno stato di benessere.

Sarà mica obbligatorio? Sarà mica qualcosa che se non ce l’hai è meglio che la fai finita?

Ci sto pensando.

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