(476) Acchiappasogni

C’è una bella differenza tra i sogni che facevo da adolescente e quelli che faccio oggi, e questo non l’avevo proprio messo in conto. Pensavo che i sogni non avessero età, che tenessero botta nonostante il tempo, che se ne fregassero dei duri colpi del Destino… mi sbagliavo. La cosa più mortificante è vedere come si sono ridotti i miei sogni adolescenziali dopo quasi trent’anni di bastonate. Santiddio!

No, non sto dicendo che i miei sogni si dovevano realizzare, non l’ho mai pensato. I sogni – anche se tutti dicono il contrario – sono fatti per sognare e non per concretizzarsi. Nella realtà ogni sogno perde almeno il 50% dello splendore, non conviene mai portarli a terra. Anche perché i sogni quelli veri non sono fatti per camminare, quelli sono i desideri e lì è tutta un’altra storia. Sto parlando proprio dei sogni, quelli che sai che non si realizzeranno e quindi non ci pensi che si possano logorare con il tempo. Eppure… a forza di pensarli si consumano. Diventano sottili sottili, trasparenti, carta velina. Da non crederci ma è proprio così.

Mi trovo, quindi, nella situazione tristissima di dover sognare altri sogni, che siano luccicanti e che sappiano darmi gioia. Costruirmeli, pezzo per pezzo, nella mia mente non troppo agile ormai, è diventato faticoso da morire. Cioè, crearmi dei sogni nuovi sta diventando logorante almeno quanto struggersi per quelli che mi si stanno sciogliendo tra i neuroni esausti. E adesso?

L’acchiappasogni che è appeso alla testa del mio letto sa impigliare i sogni da buttare, quelli che valgono poco, che splendono poco, che durano poco. Fa un buon lavoro, non mi attacco alle patacche ed evito di perdere tempo, quindi gliene sono grata, ma non mi basta. Non mi basta vivere, non mi basta desiderare, non mi basta realizzare i desideri… ho bisogno di sognare.

Un sogno stupido e bellissimo, stupido e leggero, stupido e luccicante, stupido e senza senso, stupido e incoerente, stupido e colorato, stupido e ridicolo, stupido e romantico, stupido e… basta. Un sogno che non mi imponga di essere logica, coerente, sensibile, creativa, lungimirante, visionaria, intelligente e intelligente e ancora intelligente. No, voglio essere libera. Ecco: voglio un sogno che sia libero e che mi sappia portare con sé, anche solo per qualche minuto al giorno, come un vento del nord che ti congela il naso e le orecchie. Questo voglio.

Chissà come farò.

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(389) Aerostato

aeròstato (ant. areòstato) s. m. [comp. di aero– e –stato, sul modello del fr. aérostat]. – Aeromobile che si sostiene per effetto della spinta che l’aria esercita su di esso; più in partic., sono detti palloni gli aerostati senza propulsore, e dirigibili quelli con propulsore. A. libero (o sferico), quello privo di dirigibilità che naviga trasportato dalle correnti aeree; è costituito da un involucro impermeabilizzato (che racchiude una certa quantità di gas più leggero dell’aria), cui è vincolata una navicella per l’equipaggio e i carichi, ed è usato per sondaggi aerologici. A. frenato, quello collegato a terra da un cavo di ritenuta per limitarne sia la quota sia la mobilità, usato soprattutto per l’esplorazione dell’atmosfera (detto in tal caso pallone meteorologico); sistemi di aerostati frenati sono stati usati anche nella difesa contraerea di obiettivi fissi e di navi (palloni di sbarramento).

Oggi ho avuto un’illuminazione: sono un aerostato. Nata come aerostato libero e vissuta come aerostato frenato. Non ce n’è per nessuno, non c’è un’altra definizione che potrebbe anche solo vagamente rappresentarmi meglio.

Non ho ancora capito chi sia stato a legarmi con un maledetto cavo a terra, ma appena lo scopro gliela faccio pagare. Mi ha costretto, l’infame, a esplorare l’atmosfera per decenni e come riconoscimento ho avuto addosso la controffensiva di centinaia di individui incazzati solo per il fatto che mi trovassi lì ancorata e – tra l’altro – controvoglia. Nessuno mai che si fosse fermato per liberarmi, avrei tolto il disturbo istantaneamente, per darmi addosso sì ma non per sollevarmi dal cavo di ritenuta.

Trovarsi legata mentre invece te ne andresti volentieri in alto, non è bello. Venire presa come quella che si mette in mezzo, ancora peggio.

La vogliamo finire o no?!

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