(996) Spensieratezza

Se dovessi disegnarla non saprei da che parte iniziare. Mi si sporcherebbero le mani dal tanto pensarla senza aver concluso niente. Quella gaiezza di cui parla il dizionario a me scappa via appena ne scorgo l’ombra. Non sono programmata per questo, mi ripeto. Dandomi ragione coi fatti.

Partendo da questi presupposti non è che si va da qualche parte. Si resta fermi lì.

E se fossi obbligata ad andare oltre, cosa dovrei inventarmi? Artifizi. Che non sono altro che il frutto dell’abilità creativa. Dovrebbe essere il mio pane quotidiano, eppure quando le cose le cali su di te cambia tutto. Perdi lucidità e tiri colpi selvaggi come se non ci fosse un domani. Come se non ci fosse un domani, ma un domani c’è. E il domani è qui.

Devi scendere a patti con le tue convinzioni per liberarti dal pregiudizio, probabilmente. Ma le convinzioni fanno capo a lezioni imparate, fossero anche state fuorvianti o una sorta di infiniti fraintendimenti le cose non cambiano. Si chiama imprinting e ci marchia la carne viva che trattiene il ricordo. Così è. 

Un reset completo per ripristinare le funzioni di fabbrica è un’opzione pericolosa, la lobotomia non è una strategia vincente, anzi non è proprio una strategia. 

Spostarsi un po’. Da qui a lì. Si può fare? In linea di massima si può. Mezzo passo basterà? In linea di massima potrebbe bastare. Mi farà sentire meglio? In linea di massima no, ma prima di afferrare la spensieratezza per la collottola e scrollarla come merita mi ci dovrò avvicinare, e ci si avvicina di mezzo passo alla volta o si perde l’equilibrio. 

Ricordarmi che non sono più quella che ero l’ultima volta che ci ho sbattuto contro, andandomene per altre strade, potrebbe essere già quel mezzo passo. Forse prendere in considerazione di concedermi un aggiornamento dell’intima visione che ho di me stessa, a questo punto, visto che è una cosa che mi si impone di affrontare e che è una possibilità per riscrivere la mia storia di oggi e di domani (così come l’ho scritta ieri non funziona più, evidentemente), forse sarebbe il caso. 

Che poi non è mai il caso, spensierato e leggero, che vorrei. È sempre una lotta con le Forze Oscure che si agitano dentro di me.

Evviva.

 

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(863) Cartoline

Oggi mi sono persa tra le cartoline. Immagini con posticci “benvenuti” – qui o là – che mi zompavano davanti agli occhi mio malgrado. Sono tante le cose che mi zompano addosso mio malgrado, prima o poi ci dovrò fare sopra una seria riflessione.

Divagazioni a parte, posso constatare serenamente che ogni cartolina presa in esame – tanto kitsch quanto una cartolina ha il dovere di essere – mi ha mostrato quali luoghi da qui in avanti eviterò. Che è già un modo intelligente di ridefinire i confini. Non lo so, tendo a non aspettarmi grande visione e lucidità prima di scegliere, arrivano sempre dopo (ma-che-lo-dico-a-fa’) e una si deve muovere anche senza illuminazione o non si muove più.

Le cartoline sono piccoli pensieri che qualcuno ti ha spedito mentre si stava divertendo. M’è venuto ‘sto pensiero mentre valutavo il mio fastidio di bambina quando le mie amichette dal mare mi scrivevano “mi manchi tanto”. Va bene, tutto molto carino, ma voi – maledette – ve la state spassando al mare e io muoio di noia a casa. Non è che il fatto che vi manchi mi è di conforto. Anzi, spero di mancarvi così tanto che la prossima volta o mi portate con voi o ve ne tornate a casa da me in fretta. Quindi: una cartolina non la scrivi quando sei infelice. Se sei infelice mandi una lettera, così puoi analizzare tutta la tua infelicità nei dettagli per buttarla addosso al destinatario come se gli stessi facendo un regalo. Ribadisco: le cartoline le scrivi quando vivi un attimo di spensieratezza gioiosa, poi vieni preso dai sensi di colpa, ti ricordi di chi hai lasciato a casa a morire di noia e in un istante di nostalgia (fittizia) prendi una cartolina e scrivi: ti penso/mi manchi/vorrei fossi qui. Sì e no. Permettimi l’attimo di scetticismo. Sì e no.

Va da sé che le cartoline da cui oggi sono stata assalita mi hanno fatto perdere un po’. Certo, con me basta poco. Ma poi quando ritorno dal mio viaggio qualcosa mi porto sempre dietro. A casa.

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(839) Struttura

Può non piacerti, ok. Puoi anche voler vivere alla selvaggia. Benissimo. Ma se non ti arrendi alla realtà dei fatti, sei finito. Quale realtà? Vivere improvvisando totalmente è per pochi. Per pochi davvero. Tutti gli altri si fanno male.

Strutturare un pensiero, strutturare una visione, strutturare un progetto: non è IL MALE.

La spensieratezza è del tutto sopravvalutata. Direi un concetto retrò, che doveva morire col movimento hippy. Vi siete divertiti? Ottimo. Cosa ne avete fatto della vostra vita? Sicuramente se ne avete fatto qualcosa di buono avete dovuto a un certo punto s-t-r-u-t-t-u-r-a-r-e in qualche modo il vostro progetto di vita. Non dico da lì alla fine dei vostri giorni, ma almeno di dieci anni in dieci anni sì. 

Tanto per avere una direzione, tanto per testare i risultati, tanto per concretizzare qualche idea, qualche desiderio. Qualcosa. Non togli spensieratezza alla tua esistenza, santocielo, acquisti densità. Senti più intensamente: dalla fatica alla gratificazione. E ti rendi conto che sai costruire e non solo mandare tutto a puttane perché non ne puoi più di doveri e costrizioni. In fin dei conti decidiamo noi quali siano i nostri doveri, fai il furbo e non darci il carico da dieci se sei cosciente che non potrai reggere a lungo. Insomma, un po’ di strategia!

E poi parliamo delle costrizioni: svegliarti al mattino alle 7 la senti una costrizione? Ti capisco. Bruttissimo. Morire di stenti è molto meglio, no? La vita è fatta di scelte, ingoia il rospo e agisci.

Le regole del gioco non le decidiamo noi, ma possiamo diventare degli abili giocatori mettendo in campo le nostre risorse in modo opportuno. Se poi l’idea di strutturare minimamente la tua esistenza non ti va proprio giù, allora ti auguro di essere uno di quei pochi che se lo possono permettere e vivere alla grande. Di cuore.

 

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(833) Ananas

Se le mangi non ancora mature fanno schifo. La maturazione conta, questa è la grande lezione che ci dà la frutta. E la domanda sorge spontanea: perché la maturazione dovrebbe contare soltanto per i vegetali e non per gli umani?

Ragioniamoci su un attimo: ai miei tempi (sì, io lo posso dire, la mia età me lo permette) mi sentivo ripetere “quando sarai grande farai come vuoi tu” e io anziché arrabbiarmi e basta, mi arrabbiavo e m’immaginavo tutte le cose pazze e divertentissime che avrei fatto una volta diventata grande. Diventare grande significava essere abbastanza maturi da riuscire ad affrontare le cose da grandi, che erano ben più complicate di quelle riservate ai bambini. Ovvio.

Ok, ci ho messo un bel po’ per rendermi conto che non sempre si affrontano le cose quando si è pronti – spesso la vita te le anticipa per vedere come saprai reagire – ma è chiaro che le capisci davvero, le cose, quando sei abbastanza maturo per notare certi collegamenti.

Un frutto maturo è più buono, dà il meglio di sé, è pronto per essere quello che è destinato ad essere, al 100%. Non rimpiange il tempo in cui era striminzito e acerbo, col fisico asciutto e verdognolo… eh!

Un uomo/una donna in età matura invece lo fanno. Si guardano indietro e rimpiangono com’erano. Non si rendono conto che il loro stato adulto, più consapevole, più denso, li innalzano a una condizione benedetta dove la vita acquista un valore che non ha mai avuto prima. Se sei davvero una persona matura, non ti proietti nel passato per recuperare la tua verde età, gioisci del fatto che è tempo andato e che sei sopravvissuto abbastanza a lungo da goderti davvero la vita perché stai cominciando a capirla.

Chi ti dà un morso, ora, prova soddisfazione. E tu ti fai mordere da chi scegli e non dal primo che passa soltanto per fare un’esperienza selvaggia e divertente.

[ho sintetizzato un concetto che può comportare qualche fraintendimento, ma ho deciso che me ne frego, sono abbastanza matura per accollarmi le conseguenze del caso]

Insomma, quello che voglio dire è: forse abbiamo un’idea della maturità piuttosto triste e claustrofobica. Come se fosse obbligatorio perdere qualcosa di caro (l’ingenuità, la spensieratezza, la leggerezza, l’irresponsabilità, l’immediatezza) per caricarsi di una croce (la vita stessa) che sicuramente ci porterà alla tomba senza grandi gioie o soddisfazioni. Credo che ci stiamo facendo un torto. Invecchiare così è davvero un’agonia.

Io rivendico il mio diritto di essere una fragola a giugno, un fico a settembre, un grappolo d’uva a ottobre, un melograno a novembre, un’ananas che se la spassa ai Caraibi tutto l’anno!

E chi mi ama mi morda… Ahia!

 

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(809) Spensieratezza

Quando è stata l’ultima volta che ho fatto qualcosa in spensieratezza? Sarà stato nei primi anni ottanta, immagino. Un giro in bici, forse. Che ne so. Non ricordo. Non è terrificante? Non ricordare cosa si prova facendo qualcosa in spensieratezza è terrificante. Sotto ogni aspetto.

Ne faccio mille al giorno di cose mentre sono distratta da un pensiero o l’altro, non è questo il significato che voglio dare a spensieratezza, mi riferisco piuttosto al fare qualcosa con leggerezza, con gioia pura. Ebbene… ho la sensazione di aver perso un potere magico che mai più riavrò. Peggio del mantello dell’invisibilità che mai è stato mio, tra l’altro. Peggio.

Come diavolo è potuto succedere? Non è una cosa che puoi fingere, mica funziona se fingi. Non è qualcosa che riproduci a memoria, contando pure che non ne ho proprio memoria sarebbe ben difficile. Non è qualcosa che t’inventi nuovamente, che anche se non è la stessa precisa sensazione almeno ci assomiglia. No. No. No!

Devo proprio rassegnarmi, devo mettermela via, devo far finta che ne ho avuta tanta di spensieratezza in tenera età da aver dato fondo a tutta la scorta e ora non posso che continuare a esistere senza. Già il pensiero è deprimente, figuriamoci la consapevolezza che sia davvero così.

E se l’avessi soltanto messa da parte, dimenticata in un angolo e lei è ancora lì che mi aspetta? E se ci fosse una fonte magica da cui attingerla e io non dovessi far altro che trovarla? E se me ne fossi messa da parte un po’ per i tempi bui e mi comparisse davanti appena il buio arriverà? Eh. E se. Sarebbe bello, ma mi faccio poche illusioni al riguardo.

Se solo ricordassi l’ultima cosa spensierata che ho fatto nella vita, forse il ricordo mi basterebbe a colmarne la mancanza. Sarebbe bello. Eh.

 

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