(1088) Pennarelli

Non li conto perché altrimenti dovrei prendere atto che sono malata. Tratto sottile, medio o grosso e di ogni marca e per ogni gusto. Perché mi piacciono tutti e ognuno dev’essere usato nel giusto contesto: una mappa mentale o un riassunto lavori in corso o un disegno.

I miei preferiti stanno davanti ai miei occhi, sulla scrivania, contenuti in un portapenne che potrebbe anche scoppiare, ma ancora non lo fa. Abbraccia tutte le gradazioni del viola, del rosso, del blu e del grigio. Ce ne sono alcuni neri (un must) ed evidenziatori come se piovesse. 

I pennarelli non sono penne, sono più liberi. Loro possono spingersi dove le penne non potrebbero mai. Loro tratteggiano, delineano e riempiono. Possono anche ombreggiare – se ci sai fare – e possono coprire ciò che hai erroneamente scritto. Insomma, possono mimetizzare certi sbagli e non è cosa da tutti, ammettiamolo. Quelli con punta sottile scrivono meglio di una qualsiasi penna, e poi non voglio neppure parlare dei mitologici Tombow… quelli sono stati creati da Dio in persona.

Purtroppo ho smesso da tempo di disegnare, anche se mi piacerebbe ricominciare e mettermici d’impegno, così li uso per fare cose basic (anche banali), più che altro per il gusto di usarli. Sì, non sono poi così normale come appaio.

Ho una fissa smisurata per i colori pastello, non considero i gialli e i marroni e non mi sento per niente in colpa per questo. Non amo indossare troppi colori (ne conto tre o quattro tra i miei prediletti), ma le lettere mi piace renderle vive e sgargianti per ricordarmele meglio. Le cose importanti, davvero importanti, devono essere scritte rigorosamente in viola.  È ovvio.

Ok, non ho più niente da dichiarare al riguardo. Ora voglio il mio avvocato. O mi taccerò per sempre.

 

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(808) Sottile

Potresti non farci caso, ma ci fai caso. Quindi avresti potuto non farci caso, ma ci hai fatto caso e si sa che quando ci fai caso è la fine. Rimane quel sottile fastidio che, per quanto tu cerchi di distrarti, ti ricorda che lo sai che devi fare qualcosa. Più aspetti a farlo e più il sottile si ispessisce e diventa senso di colpa perché non lo stai facendo. Uno strameledetto cappio al collo.

Ricapitoliamo: sai che devi fare qualcosa, ma qualcos’altro ti impedisce di farlo. Quel qualcos’altro si chiama anch’esso senso-di-colpa. Quindi hai dentro di te due differenti e opposti sensi di colpa: uno perché non fai quello che devi fare (e quindi sei un quaquaraquà) e l’altro perché quando lo farai qualcuno ti odierà.

Sì, perché è chiaro che lo farai, ci metti solo un secolo a deciderti, ma poi lo farai. Perché l’idea di essere un fake ti è insopportabile e con te ci devi vivere, non è mica uno scherzo. Il fatto che qualcuno ti odierà, poi, è un ostacolo alla partenza, ma una volta che hai fatto partire il primo big-domino-rally capisci anche che hai smesso di preoccuparti dell’odio e dell’amore che c’è in ballo. Ti basta sopravvivere agli stramaledetti sensi di colpa. Perfetto, è tutto chiaro, non fa una grinza. Quindi?

Quindi appena il sottile fastidio diventa spesso malessere (e ci siamo quasi), sarai pronto ad agire. Intanto ci pensi, litigando quotidianamente con gli stramaledetti sensi di colpa. Ovvio.

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(584) Concentrazione

La concentrazione è quella cosa delicata delicata che prende forma nella nostra mente quando niente e nessuno ci viene a rompere le palle. Una cosa da nulla, anche un suono proveniente dall’appartamento del vicino, potrebbe compromettere quella santa atmosfera che ti permette di escludere il resto del mondo per dedicarti totalmente a quello che stai pensando e/o facendo.

Appurato questo vien facile capire come per poter raggiungere una concentrazione totale – anche per soli pochi minuti – bisognerebbe vivere su Marte (che immagino un pianeta estremamente silenzioso) perché qui da noi è impossibile non farsi distrarre da nulla. La cosa sarebbe già abbastanza frustrante così com’è se non fosse che gli Esseri Umani sanno essere i più rumorosi della Galassia anche solo per il fatto che respirano. Se poi a questo aggiungi la voglia malsana di attirare su di sé l’attenzione di chiunque si trovi in prossimità, capiamo meglio quanto la concentrazione a lungo termine sia privilegio di pochi.

Negli ultimi tempi la mia  è stata messa a dura prova, si è andata assottigliando e storcendo in modi per me oscuri, tanto che oramai non ne restano che miseri brandelli qua e là – che io raccolgo amorevolmente con la speranza che serva a qualcosa. E mi manca davvero tanto potermene stare nel mio kubkolo a creare senza guardare l’orologio, senza rispondere al telefono, senza dover fare sempre sempre sempre qualcos’altro di più urgente. Come se mi si fosse dimezzata l’aria da respirare.

Non so come rimediare, so che devo trovare il modo di prendere ogni rimasuglio e di stenderlo col mattarello come se fosse pasta per pizza e tentare di renderli sottili e resistenti. Sottili e resistenti. Non ho idea di come farò, ma se non m’invento qualcosa la vedo male per i prossimi mesi. Non posso più rimandare.

[Cosa c’entra il Minion della cover? Concentrati e lo scoprirai!]

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