(789) Inconfondibile

Parlerò di cose inconfondibili: l’aroma del caffè per esempio. Cosa c’è da dire? Nulla, appena l’effluvio arriva alle tue narici è fatta, sai di cosa si tratta. Spesso l’olfatto ci svela l’essenza di cose e di persone prima ancora che ne registriamo consciamente i dettagli. Il nostro cervello tiene memoria impressionante degli odori che ci hanno colpito, volenti o nolenti.

Ci sono cose che ci risultano inconfondibili agli occhi, al tatto, all’orecchio, al gusto… al cuore. Non ci sono dubbi, nessuna esitazione. Sappiamo di cosa si tratta ancor prima di farci la domanda. Una voce inconfondibile ti può far tremare dal piacere o dal terrore, chi di noi non ha mai sperimentato una o l’altra emozione?

Ecco, credo che la mia massima ambizione sia sempre stata questa: essere una persona inconfondibile – nel bene, certo, ma probabilmente anche nella definizione dei miei difetti, perché no? – per chi mi ha incontrato almeno una volta. Questa piccola follia non fa capo a un progetto, a una strategia, a un calcolo, a un interesse particolare. Si limita a essere un’ispirazione. Fa capo a  un’idea di me che è fumosa e inconsistente, ma che si aggancia a una sensazione piacevole che vorrei lasciare negli altri, anche solo per un fugace nanosecondo.

Non è qualcosa che faccio intenzionalmente, è quel meccanismo che mi parte in automatico e – lo giuro – soltanto ora, in questo preciso istante in cui sto scrivendo, mi si è palesata davanti con una chiarezza impressionante.

Tutto molto semplice, anche banale volendo, ma sintetizzando io inizio e finisco lì. Da questo punto in avanti si apre davanti a me un lungo percorso di introspezione furibonda per scovare il rimedio a questa patologia assurda. Anni e anni di frustrante ricerca e di fallimenti inequivocabili. Non è bello tutto ciò?

Secondo me dovrei smettere di scrivere, certe illuminazioni si pagano care. Chi riesce a dormire ora?

Eh.

 

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(743) Maestosa

Ho un’idea Maestosa della Vita. Di come la Vita è – nonostante tutto quello che di Lei possiamo farci (che non è granché perché non siamo capaci di azioni maestose se non di rado). Eppure la Vita porta in sé – e per sé – questa maestosità in ogni sua espressione. Basta solo farci caso e avremo davanti ai nostri occhi tutte le prove che ci servono.

Questa mia convinzione va contro ogni cosa che affronto quotidianamente perché la Maestosità in gioco non è sempre quella che ti porta carichi di felicità, e forse è ora di sfatare questo mito: la Vita ci vuole vivi ma non necessariamente felici, la scelta sta a noi.

Le proposte che la Vita ci mette a disposizione hanno un miliardo di variabili l’una, cambiano a seconda delle circostanze e degli intrecci e degli incontri e degli incidenti e degli imprevisti e delle sfighe o delle fortune. Variabili a non finire, variabili da perderci il sonno, variabili da sbattere la testa contro il muro. Talmente tanto e talmente tutto insieme che non lo si potrebbe definire se non nel modo che ho scelto io: Maestoso. Un dannatissimo Maestoso modo di farci attraversare ogni atomo dell’Universo con i nostri poveri sensi martoriati.

Come fare per non restare schiacciati da tutta questa Maestosità? Riconoscerla e rispettarla, credo. Non possiamo fare altro se non cavalcarla e sperare che non ci disarcioni. Non dobbiamo fare altro se non affidarci a quello che deve essere senza mai smettere di fare quello che dobbiamo fare: cercare e scoprire, cercare e provare, cercare e trovare. Pezzo dopo pezzo ci faremo un bel puzzle e ce lo guarderemo una volta diventati vecchi, ricordando un po’ e il resto inventando come fanno i bambini. Guarderemo il cielo invidiando le stelle che nonostante la mancanza di vita ancora sanno brillare. E saremo grati per tutto quello che di Maestoso ci avrà attraversato, perché la Vita avrà saputo prendersi cura di noi – nonostante tutto, nonostante noi.

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(424) Bersaglio

Non è bello essere il bersaglio, chi ci è passato lo sa. Lo dovrebbero sapere tutti com’è, così a nessuno verrebbe in mente di scegliersi un bersaglio per sfogare i propri istinti bestiali. Il colpire per fare male, per far morire  – fosse anche solamente l’amor proprio. La crudeltà, la fogna dei sentimenti.

Si fa leva sulla propria presunta forza, come se questa fosse una certezza, ma si sa che di certo a ‘sto mondo c’è ben poco. La supponenza di non essere nel bisogno e per questo essere superiore, come se il bisogno fosse una conseguenza di una mancanza di capacità o intelligenza, ma si sa che come la fortuna non c’è niente di più cieco del bisogno.

Possiamo anche far finta di nulla, pensarci invincibili, ripeterci che il nostro bersaglio se la sia meritata e che prima o poi doveva pur capitare che ci fosse qualcuno capace di fargliela vedere. Possiamo, ma si sa che certe coperte son troppo corte e che il sangue è difficile da lavare via.

Essere un bersaglio ti fa correre come una lepre, anche se le gambe ti tremano, anche se il cuore ti scoppia. E ti fa pregare, anche se non hai mai creduto in nessun Dio. Essere un bersaglio ti fa tirare fuori la tua fame di vita, ti scopre la forza che mai avresti sospettato di avere, ti acuisce i sensi e ti fa pensare in fretta. Soluzioni che arrivano e ti sembrano la salvezza, e anche se non lo sono a quel punto va bene lo stesso, sempre meglio che niente.

Essere un bersaglio, se sopravvivi, ti rende più duro e pronto a quel che sarà. Ti giuri che non capiterà di nuovo e sei pronto a tutto pur di mantenere la promessa. Chi gioca a tiro a segno non si aspetta una reazione. E fa male.

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(163) Acchiappare

Bisogna avere buoni riflessi e agire rapidi. Bisogna stare attenti, mantenere i sensi allertati per far scattare l’acchiappo. Un bel talento, direi.

Solitamente difetto in fatto di propensione all’acchiappo, più che altro per via del mio essere molto selettiva – e con il tempo sempre di più. Potrei anche definirmi pigra. Massì.

Eppure, se qui dovessi fare una lista dei miei acchiappi ci metterei un bel po’. Così a mente fredda ricordo almeno una quarantina di buoni acchiappi che mi hanno permesso di vivere esperienze davvero indimenticabili (nel senso positivo).

Altri acchiappi sono stati inutili, fuorvianti, addirittura dannosi. A causa di questi, credo, la mia propensione all’acchiappo ha subito una decisa battuta d’arresto per lunghi periodi. M’ero persa d’animo, diciamo.

Ho, comunque, acchiappato occasioni importanti negli ultimi anni, ma con un atteggiamento mentale cinico, il che rovina del tutto l’atmosfera. Ecco, se potessi esprimere un desiderio interessante sarebbe quello di ricominciare a provare quel brivido dell’acchiappo che ti fa capire che ci sei e che ne vale la pena.

Mi domando da dove iniziare: prima smantello il cinismo o stacco la modalità selezione severa?

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(25) Sguardo

Dove posi lo sguardo, lì sei. Questione di attenzione. Posare significa che lo metti proprio dove vuoi tu per osservare, non lo fai scivolare via, non lo appoggi per dare sostegno, non lo fissi per aggrappartici e andare oltre.

Posare la tua attenzione con lo sguardo impone agli altri sensi di fare altrettanto, è come se ci fosse un’adunata di sensi. Sarebbe la situazione perfetta se… se non iniziassimo a pensare. Il pensiero ti porta via all’istante.

Un vero peccato. Hai lì riuniti tutti i sensi e tu cosa fai? Te ne vai via? Cosa pensi di capire se non sei più lì? Perché non ti limiti a contemplare e basta? Troppo facile per te? Sai giù tutto? Conosci già il Mistero?

Dovremo imparare dai lupi.

Eh! Tutto da rifare.

b__

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