… la Sorte. Si dice così, no? Più che altro sfidiamo noi stessi, chi ci crede alla Sorte?
Già alzandoci dal letto al mattino ci mettiamo in gioco, sfidando noi stessi ad arrivare a fine giornata interi. Chi e cosa incontreremo durante le ore seguenti non è così importante, la cosa che conta è che abbiamo intenzione di arrivarci a sera e arrivarci intatti. Con questo stato d’animo affrontiamo quel che arriva e che il cielo ci aiuti!
Tirarsi indietro, alzarsi e passivamente andare incontro alla Sorte ci fa sentire deboli e sconfitti, anche se non lo siamo. In realtà non lo siamo. Forse pensarci così ci aiuta a sopportare meglio i colpi? Non lo so, sentirci vittime inermi non è un bel sentire e a fine giornata non è che sei granché soddisfatto di essere sopravvissuto, lo dai per scontato: non hai reagito, non hai agito, non hai deciso, non hai fatto nient’altro che trascinarti e renderti invisibile così che la Sorte non si accanisse contro di te.
Non è che se alzi la testa sfidi la Sorte chiedendole di darti i colpi ancora più forte tanto tu non crolli. Sfidi le tue paure, i tuoi mostri, più che altro. “Nun te temo” (alla romana) lo dici alla parte di te che vorrebbe scomparire per non dover affrontare tutto quello che comunque accadrà appena sbuchi fuori e ti interfacci con il mondo. Accadrà comunque. Anche se non vuoi. Nonostante te.
Come andrà? Lo sapremo soltanto a sera fatta, quando tireremo le somme. E essere arrivati a fine giornata può essere una vera vittoria se sfidando ogni atomo oscuro che ci portiamo dentro siamo riusciti a sorridere, a dare un abbraccio a chi se lo meritava, a metterci la passione che abbiamo in un progetto, a combinare in generale qualcosa di bello.
Le sfide ci servono per dimostrarci che ci siamo e che contiamo. Perché essere vivi non è cosa da poco e un applauso, ogni tanto, ce lo meritiamo.
Clap clap clap.