(751) Paura

Le settimane corrono veloci, come le ore di sonno che dovrei fare e che non vedrò mai più. Una cosa curiosa, però, è che nonostante questa settimana sia stata delirante (da ogni verso la si voglia guardare), per me va bene così.

Le cose sono due: ho raggiunto il punto xyz dove la stanchezza non osa neppure avere più una soglia oppure il poter guardare oltre e vederci un futuro migliore mi sta sostenendo come mai prima. Potrebbe darsi tutte e due, in sinergia. Mah.

Focalizzandomi sulla seconda opzione potrei addirittura azzardare che se togli la visione del futuro a un Essere Umano gli togli la voglia di vivere il presente. E dirò di più: il futuro arriva comunque, sia che tu te lo sogni bene o che tu te lo mortifichi per bene. Lui arriverà e si espliciterà nonostante le tue speranze e nonostante le tue paure. Non è che avere speranza tolga la paura, questo no, ma avere paura distrugge la speranza, questo sì.

Vivere nella paura è giustificato solo per brevi periodi, ma alla lunga è intollerabile. Deve essere intollerabile. Se non lo è allora siamo in un bel guaio.

La mia paura esce fuori spesso, ma l’ho sempre calciata un po’ più in là, come se non fosse mai il momento giusto per occuparmene. Sì, sconcertante. O sono folle o sono scema. Una folle scema o una scema folle, molto probabilmente. Comunque sia questa cosa me la devo riconoscere, non c’è niente da fare. La paura la distraggo con i libri, con la musica, con l’arte, con le idee, con l’amore per le cose e per le persone. A lei gira la testa e si mette in un angolo. Appena le passa ritorna in campo e io ancora lì a farle lo stesso scherzo. Ci casca sempre.

Forse il miglior modo di fottere la paura è dedicarsi a qualcosa o/e a qualcuno senza farsi portare via dall’angoscia. Forse altro modo non c’è. O almeno, io ancora non l’ho trovato.

Contare tutte le facce della mia paura non serve a niente, sono più numerose di me. Contare tutte le possibilità per distrarle mi aiuta a calcolare il tempo da vivermi. Libera.

 

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(93) Effimero

Tutto ciò che è effimero, che non è tangibile, che non è cosa pratica da usare, non è contemplato. Questa è stata una legge di famiglia per generazioni. Poi arrivo io e ribalto tutto.

E lo faccio come se fosse normale, ribaltare tutto.

Non è che su di me ci fossero sogni di onori e ricchezze, questo no. Come donna friulana ero destinata a una vita di modeste gioie e comune-ma-serio impegno di moglie e madre. Niente di che, come la mia tris-nonna, la mia bis-nonna, la mia nonna, mia madre… eh!

Poi arrivo io e ribalto tutto. Lo faccio come se fosse normale, come se non ci fosse altro modo per vivere, come se quello che avevo in mente (confuso, ma felicissimo) fosse un futuro ideale per me e per tutti.

L’Effimera.

Presente.

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(86) Parole

Lo so che attaccarsi alle parole può sembrare una sciocchezza, ma io faccio così. Una parola contiene e libera. Contiene significato quando la scegli, libera significato quando la porgi al mondo.

Sono dannatamente attaccata alle parole, a quelle che dico e a quelle che ricevo. Non è granché assennato, me ne rendo conto, ma uso le parole per tradurre le immagini che ho dentro e se voglio che risultino altrettanto splendide devo curare le parole. Non ho altra scelta.

Una cosa, però, ho imparato: sono le azioni e sono i gesti che ti danno conto della realtà, non le parole.

Non è stata una lezione facile da digerire, partendo dal presupposto che parola corrisponda a intenzione che si traduce in azione. Era solo un mio presupposto, non il presupposto del resto dell’umanità. Appena mi sono resa conto di non essere al centro dell’universo è stato più facile adattarmi. Questione di età, certamente.

Perdono le parole approssimative, assurde, malevole che ricevo molto più facilmente di quelle che nascono da me. Quando me ne accorgo, la ricerca della loro origine mi ferisce e mi mortifica. Non mi piace scoprirmi cattiva.

Col tempo sono migliorata, ho grandi aspettative nei confronti di me stessa per quanto riguarda il futuro. Farò attenzione a non deludermi, sarebbe dura da ingoiare dopo aver tanto faticato per crescere.

Vedremo.

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