(919) Interferenza

La quiete. Proprio calma piatta. Non si muove niente e tu fai in modo che niente si muova, tanto sei altrove. Tutto perfetto.

Ma fare niente-niente-niente, mentre vivi, è davvero difficile. Anche quando dormi fai qualcosa, quindi per fare niente-niente-niente dovresti proprio impegnarti tanto, concentrarti tanto, insomma faresti comunque qualcosa perché il niente non viene spontaneo a chi respira.

Detto questo, è una palese giustificazione sia chiaro, tu provi a fare niente ma qualcosa fai. E non sai mai se quel qualcosa – piccolo, inutile, banale, da nulla – ti provocherà qualcosa. Lo fai perché qualcosa comunque devi fare, quindi lo fai. Ecco. Non si tratta di consapevolezza, si tratta di per-forza-di-cose. Bon.

Tu fai quelle cose da nulla e una di queste mette in circolo un disturbo. Un disturbo che parte da lontano, non te ne accorgi perché sei sovrappensiero tutta impegnata a non fare nulla. E quel disturbo trova una strada sua: prima attraversa il tuo deserto, poi attraversa le tue foreste pluviali, e poi – fatalmente sopravvissuto – arriva in tangenziale. Quando è lì è troppo tardi.

Questo fastidio s’è fatto i muscoli, e quando ti si para davanti non è che uno spintone basti. Dovresti estrarre la katana. Ma dove diavolo l’hai messa? Nella tua quiete, nella tua dannata calma piatta non ti serviva. Dove te la sei dimenticata? Non ce l’hai sottomano, quindi guardi quei muscoli e pensi sono-fottuta. Ma non lo dici. Maledetta interferenza, pensi, ma non lo dici. Dirlo sarebbe debolezza esplicita. Prima si muore e poi ci si arrende, tanto per inciso.

Fatto sta che questa muscolosa interferenza sta mandando in corto tutto il tuo sistema, ormai la quiete è ben lontana e ti sei giocata da tempo l’illusione che il fare niente ti avrebbe messo in salvo da tutto. 

Idiota.

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(758) Singhiozzo

Le cose che mi fanno incazzare sono tante e sono sempre di più. Non sono mai stata troppo zen, ma ultimamente sto peggiorando. Me ne devo preoccupare? Ecco, forse la cosa più preoccupante è che non credo io me ne debba preoccupare. 

La cosa peggiore è non riuscire a pensare in santa pace. Tutto mi disturba, ma proprio tutto. I rumori, i suoni, le interruzioni, gli accapo. Tutto. Mi riduco a pensare a singhiozzo, con la sensazione di non completarne uno che uno giudicabile minimamente valido.

Nella pratica, nei fatti intendo, non è così veramente, addirittura sto sfornando pensieri a più non posso, addirittura riesco a realizzarli, addirittura riescono pure a piacermi… ma la mia percezione è alterata. Se vogliamo dirla tutta la mia percezione in generale è alterata. Non sento più come prima. Non è più niente come prima. Come prima quando? Non lo so! Prima e basta! [ndr. notare il picco d’isteria che ormai è diventata una mia caratteristica preponderante]

Dovrei preoccuparmi anche di questo, me lo sta suggerendo la coscienza, ma i pensieri vanno altrove, non so dove, ma comunque altrove. Vanno a precorrere i tempi, accelerano in flashforward inquietanti dove i miei punti di riferimento ballano la rumba in modo ridicolo anziché sostenermi.

Mi rendo conto che tra i post più inutili che io abbia finora scritto questo vince di brutto, ma descrivere esattamente questo fastidio che mi mangia in testa è una sfida che ancora non posso vincere. Magari la capirò meglio tra un po’. Magari mi si svelerà l’arcano quando sarò già cambiata e non mi servirà più a niente o magari no. So solo che questa confusione, in questo preciso momento, mi fa incazzare perché non so da che parte prenderla.

Ecco – Hic!

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(329) Benessere

Me lo sto domandando spesso: di che cosa è fatto il mio benessere? Non ho ancora trovato una risposta univoca, solida, pacifica. Si forma una specie di entità multiforme, che vortica su se stessa e travolge tutto, ogni volta che ci penso.

Scoprire, per esempio, che trovo un profondo benessere nello stare sola e poco dopo guardare il cellulare per controllare se ci sono state chiamate o messaggi, non è sintomo di raggiunto equilibrio. E ‘sta cosa mi disturba.

In ogni circostanza, in effetti, in cui mi sento a disagio o infastidita o distonica mi si rende evidente quanto il sacrosanto stare bene con se stessi sia lontano da me. Proprio un altro pianeta! Eppure, se sono sola non succede. Quando sono sola non mi sento a disagio, non sono infastidita da me stessa, non sento distonia… questo equivale a uno stato di benessere. Quindi si ritorna punto e accapo: cos’è per me uno stato di benessere?

Non lo so. Non ne ho idea. Molto probabilmente non lo so perché non l’ho mai provato. O forse perché non sono proprio stata programmata per provare uno stato di benessere.

Sarà mica obbligatorio? Sarà mica qualcosa che se non ce l’hai è meglio che la fai finita?

Ci sto pensando.

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