(901) Sceneggiatura

C’era una coppia seduta al tavolo davanti al mio. Un’altra al tavolo accanto, un’altra due tavoli più in là. Età diverse, diverse energie. Un paio di loro si parlavano, gli occhi un po’ al cibo e un po’ andavano qua e là nella sala. Una coppia è stata praticamente per oltre un’ora in silenzio. Mangiavano in silenzio.

M’è scesa addosso una tristezza abissale. Ho pensato: “Ma se ti stai scazzando, se la persona che hai accanto ti annoia, ti spegne, perché diavolo ci stai?”. Le risposte possono essere diverse, ma è evidente che loro ignorano la domanda e pure tutte le risposte annesse e connesse.

Nessun sguardo complice, nessun tocco, nessun sorriso. Niente.

I loro corpi avrebbero voluto correre via, e non nella stessa direzione. Le loro voci si trascinavano in discorsi che parevano scritti da uno sceneggiatore di serie D: ritmo inesistente, appeal da bara. E c’era arrabbiatura nell’aria, c’era qualcosa di non detto, c’era qualcosa che ti tirava giù.

Ok, va bene, molto probabilmente mi sono fatta il mio film, del tutto lontano dalla realtà, ma l’energia non mente. L’energia non puoi ricamarla come pare a te, quella si fa presente per com’è senza bisogno di chiedere permesso.

Mi rendo conto che la vita non è una tarantella, che la vita di coppia non è fatta di troppi alti ma di troppi bassi, ma la passione mica te la puoi mettere in un cassetto. Se non sei interessato a entrare negli occhi della persona che dici di amare… fatti una domanda. Se non senti il bisogno di sfiorare la sua mano mentre ti racconta di sé… fatti una domanda. Se mentre la guardi non ti soffermi sulla sua bocca neppure un istante e ti fai scivolare via… fatti una domanda.

Fattela davvero una domanda. Basta una. Quella giusta.

E se ti viene il sospetto che sei lì ma non vorresti esserci, che sei lì ma non te ne frega niente, che sei lì ma sei con la persona sbagliata, allora lasciala libera. Liberala di te e falle trovare la persona giusta, che non sei tu. Non sei tu. Smettetela di darvi infelicità reciproca come se non ci fosse altra soluzione. Smettetela di sommergervi di menzogne con la giustificazione di una promessa, di un impegno, di un futuro che ormai ha perso senso e gioia da tempo.

Che razza di vita vi state cucendo addosso? Vi ingozzate di storie d’amore su Netflix per vivere un quotidiano di mortificazioni e stanchezze?

Ma il detto “Meglio soli che male accompagnati” l’avete mai preso in considerazione? Secondo me dovreste.

Davvero.

 

 

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(781) Depositare

Depositava ogni cent che aveva ed era il più ricco di tutti, Paperon de’ Paperoni, più ricco – anche se di poco – di Rockfeller. Taccagno, indisponente e prepotente, ma ricco. Il suo Deposito, il suo tesssssoro………………………. (sussurrato alla Gollum, ovviamente).

Mia nonna diceva: “Impara l’arte e mettila da parte”. In poche parole depositala in un cassetto e quando ti servirà non dovrai far altro che estrarla e usarla. Questa cosa per me ha sempre avuto un certo appeal, ci trovavo veramente il buonsenso che ti dà fiducia. Imparavo così le cose che lei mi insegnava senza chiedermi il perché (i perché distraggono e ti staccano dal presente, impari male e malvolentieri). Secchiate di bacelli di piselli o di fagioli da pulire, come si fa nonna? Così —– e mi faceva vedere e io la imitavo nei gesti e dopo un po’ non li rompevo più, riconoscevo quelli ancora buoni da quelli da buttare e via avanti.

Lei grande pazienza, io senza distrazioni perché sentivo che non stavo perdendo tempo, in qualche modo mi sarebbe tornato utile in un futuro. Vuoi farti un minestrone? Mica userai i fagioli con bacello incorporato! Eh, no.

Se un’anima buona mi avesse introdotto alla matematica facendomene apprezzare il senso nelle cose del mondo sarebbe andata diversamente. Avrei imparato quell’arte e l’avrei messa da parte. Che occasione persa, maledizione.

Depositare qualcosa che hai imparato significa che sei riuscito a impararla (mica cosa ovvia), che hai consapevolezza che prima o poi ti servirà e saperla fare ti mette un po’ più tranquillo (niente di ovvio neppure in questo) e che non hai buttato il tuo tempo mentre imparavi a farla (se impari con uno scopo e senza i boicottanti perché impari per sempre).

Nel mio deposito non ho molti cents (che ve lo dico a fa’) però ho molte cose che ho imparato e ho messo lì. Cose che faccio veramente veramente bene non ce ne sono molte, forse un paio, ma alcune delle altre le riesco a fare discretamente e questo mi piace. Il mio deposito è piuttosto caotico, meno sberluccicante di quello di Paperone, ma alla fine la Numero Uno nel mio deposito sono io e son ben difficile da rubare. Posso dormire sonni tranquilli.

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(745) Bontà

Spesso ci penso, mi domando che cosa sia veramente la bontà. La bontà d’animo intendo. Mi domando se sia un sentimento o una condizione del cuore. Il sentirsi buoni quanto ha a che vedere con la bontà? Niente, credo, proprio niente.

Si misura la bontà? No, non credo sia misurabile, o c’è  e allora non ha limiti, o non c’è. Non ce ne può essere un po’ dentro a una persona, non ce ne può essere troppa. C’è o non c’è. Non si conta, non aumenta e non diminuisce. Non si può metterla da parte quando non conviene, non la si può inventare quando non c’è.

La bontà è quella cosa che sfugge al controllo, non si fa nascondere dentro un cassetto. La trovi sempre scoperta anche perché se non la sai riconoscere è come se fosse invisibile. Può agire nell’assoluto anonimato, chi non la vede è perché dentro di sé non ne ha e non sa neppure com’è fatta.

La bontà afferma se stessa senza bisogno di applausi, la bontà si fa portavoce di una Giustizia che non ha Dèi da servire. Bontà significa esserci nonostante tutto e nonostante tutti. Bontà è sentire quel peso, il peso di ogni cosa, e non scansarlo, piuttosto prenderlo in braccio per sollevare un po’ il mondo – anche se il mondo non ne ha bisogno – soltanto perché non esiste altra scelta anche quando la scelta c’è.

Bontà è uno sguardo che soccorre, una mano che ferma, una parola che sostiene. Bontà è una dolcezza di un istante, una negazione eterna, uno scostarsi silente. Non accetta valutazioni, non si cura delle opinioni altrui, non si sente sprecata o troppo preziosa per essere spesa.

Nulla di che vantarsi, nulla di che servirsi, nulla di che. Si fa fatica a trovarla, perché si pensa che non sia nulla. E lei, anche di questo, se ne frega.

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