(781) Depositare

Depositava ogni cent che aveva ed era il più ricco di tutti, Paperon de’ Paperoni, più ricco – anche se di poco – di Rockfeller. Taccagno, indisponente e prepotente, ma ricco. Il suo Deposito, il suo tesssssoro………………………. (sussurrato alla Gollum, ovviamente).

Mia nonna diceva: “Impara l’arte e mettila da parte”. In poche parole depositala in un cassetto e quando ti servirà non dovrai far altro che estrarla e usarla. Questa cosa per me ha sempre avuto un certo appeal, ci trovavo veramente il buonsenso che ti dà fiducia. Imparavo così le cose che lei mi insegnava senza chiedermi il perché (i perché distraggono e ti staccano dal presente, impari male e malvolentieri). Secchiate di bacelli di piselli o di fagioli da pulire, come si fa nonna? Così —– e mi faceva vedere e io la imitavo nei gesti e dopo un po’ non li rompevo più, riconoscevo quelli ancora buoni da quelli da buttare e via avanti.

Lei grande pazienza, io senza distrazioni perché sentivo che non stavo perdendo tempo, in qualche modo mi sarebbe tornato utile in un futuro. Vuoi farti un minestrone? Mica userai i fagioli con bacello incorporato! Eh, no.

Se un’anima buona mi avesse introdotto alla matematica facendomene apprezzare il senso nelle cose del mondo sarebbe andata diversamente. Avrei imparato quell’arte e l’avrei messa da parte. Che occasione persa, maledizione.

Depositare qualcosa che hai imparato significa che sei riuscito a impararla (mica cosa ovvia), che hai consapevolezza che prima o poi ti servirà e saperla fare ti mette un po’ più tranquillo (niente di ovvio neppure in questo) e che non hai buttato il tuo tempo mentre imparavi a farla (se impari con uno scopo e senza i boicottanti perché impari per sempre).

Nel mio deposito non ho molti cents (che ve lo dico a fa’) però ho molte cose che ho imparato e ho messo lì. Cose che faccio veramente veramente bene non ce ne sono molte, forse un paio, ma alcune delle altre le riesco a fare discretamente e questo mi piace. Il mio deposito è piuttosto caotico, meno sberluccicante di quello di Paperone, ma alla fine la Numero Uno nel mio deposito sono io e son ben difficile da rubare. Posso dormire sonni tranquilli.

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(598) Manipolare

Detto così è brutto, e a dirla tutta anche farlo è brutto, ma se agiamo entro un limite definito con precisione – quello del rispetto degli spazi mentali e fisici altrui – il verbo cambia e si trasforma in altro. Il nuovo verbo diventa meno brutale e – in certi casi – anche bello. La magia della manipolazione è ovunque.

Se con i gesti si può fare molto e causare anche molti danni, figuriamoci cosa si può fare con le parole. Quelle dette o scritte, quelle sottintese, quelle ripetute, quelle negate, quelle urlate o sussurrate… ce n’è per tutti i gusti. 

Lo facciamo tutti, lo facciamo fin da piccoli, lo facciamo perché vogliamo che le cose vadano come piacciono a noi e che le persone facciano quello che vogliamo noi e che nel farlo non creino fastidi. Obbedisci, punto. Chiunque neghi questa verità dovrebbe guardarsi meglio dentro. Non è che per questo siamo cattivi o persone orrende, siamo umani. Gli umani, quando non si sparano addosso, sono impegnati in un esercizio continuo di problem solving per poter avere a che fare gli uni con gli altri. Le soluzioni, quando sono “morbide”, ti evitano di rintanarti in un bunker prima di far esplodere l’universo umano che ti circonda. Semplice sopravvivenza. Nostra e dell’intera Umanità.

Manipolare è sinonimo di “viscido, sporco” nel nostro immaginario, ma in realtà il dizionario della lingua italiana allarga un bel po’ il suo significato:

manipolare v. tr. [der. del lat. manipŭlus, nelsign. mediev. di “manciata (di erbe medicinali)”] (io manìpolo, ecc.). – 1. a. [lavorare una sostanza plasmabile, o un impasto, trattandoli con le mani: m. unguenti] ≈ maneggiare, trattare. b. [ottenere una preparazione mediante l’impasto di vari ingredienti: m. acqua e farina; m. una torta] ≈ amalgamare, impastare, (non com.) malassare, maneggiare, mescolare, rimestare. 

Certo, poi c’è anche la seconda parte da tenere in considerazione:

2. (spreg.) a. [apportare modifiche abusive a una sostanza o un prodotto, spec. alimentare: m. il vino] ≈ adulterare, alterare, sofisticare. b. [adattare in senso favorevole a sé stessi, mediante imbrogli e intrighi: m. i risultati delle elezioni] ≈ alterare, (non com.) artefare, contraffare, falsificare, manomettere, truccare. c. (fig.) [indirizzare la volontà di qualcuno, spec. per trarne vantaggio: m. le coscienze] ≈ condizionare, influenzare, maneggiare, manovrare. ↑ plagiare.

Quindi, riuscire ad agire sul punto 1 (a, b) in modo attivo e produttivo e contemporaneamente riuscire a riconoscere quando si rischia di cadere vittime di un’azione del punto 2 (a, b, c) potrebbe essere la formula che ci salva davvero la vita. 

Basta saperlo, no?

 

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(98) Blocco

Sospetto autoboicottaggio. C’è qualcosa dentro di me che quando deve-deve-deve-deve si gira e se ne va. Ormai è chiara l’azione, me l’aspetto anche, solo che ancora non ho trovato il modo di bloccarla.

Vorrei essere Piper Halliwell e congelare la scena, quella parte di me che se ne sta andando.

Solo che non posso obbligare me stessa a creare quando i tempi non sono maturi. Dirlo al resto del mondo diventa difficile, così mi costringo, mi costringo, mi costringo… ma poi mi giro e vado. Mai lontano, no. E il senso di colpa non mi aiuta. Neppure piangermi addosso, però.

Uff, che mal di testa.

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