L’immenso e oscuro potere della scrittura. Avrei voluto titolare così questo post, ma la ridondanza avrebbe smorzato la sostanza di quello che oggi voglio affrontare. Tema delicato, lo so, dovrei evitare di inoltrarmi in argomenti di tale portata, ma me ne frego.

Quindi.

Al solito parto da quel qualcosa che mi ha fatto scattare la riflessione:

L’istruzione ha prodotto un vasto popolo capace di leggere ma incapace di discernere quello che vale la pena di leggere. 

La frase è stata scritta da George Macaulay Trevelyan, che io non conoscevo né di persona né per fama (benedetta – letteralmente – ignoranza!) pertanto questa frase estrapolata da chissà dove mi ha autorizzata a partire per la tangente. In poche parole l’ho fatta mia e l’ho seguita finché sono arrivata a un pensiero “che sta in piedi” (valutazione fatta da me medesima, quindi non obiettiva… come si potrebbe mai essere obiettivi riguardo ai propri pensieri?).

No, non sto tergiversando, ogni parola scritta è parte del ragionamento perciò occhio sul boccino.

Chi scrive mette tutto sé stesso in quello che produce. Tutto sé stesso. La sua personale visione (che molto probabilmente è frutto di un’educazione ricevuta, quindi non proprio libera), la sua storia personale (origine, esperienze) e la sua natura. Sì, la nostra natura c’entra sempre, a prescindere.

Quando mi approccio a uno scritto, voglia o no, sono destinato a immergermi in quell’Universo sconosciuto che l’autore mi impone. Non suo malgrado, ma con intenzione.

Segui il boccino: io scrivo con l’intento di portarti dove voglio io, ovvero dalla mia parte. Direziono la tua attenzione affinché tu veda la buca in cui ti voglio far cadere. Ci siamo? Bene.

La questione del potere della scrittura/lettura, penso, che ora ti sia abbastanza chiara. Ogni testo scritto contiene in sé un’intenzionalità (più o meno esplicita) e quindi un fine. Se sono bravo a farti finire in buca, il mio valore autoriale aumenta.

L’ambizione di un autore è enorme, spropositata. Gli fa pensare che in lui risieda la verità e che – in quanto Eletto – sia legittimato a portarti esattamente dove lui crede tu debba stare. E – attenzione – non sto parlando solo di saggistica (dove filosofie diverse si vanno a intrecciare) ma anche nell’ambito della prosa. Perché che cosa c’è di più seducente di un romanzo per far provare quelle emozioni intense (pertanto indimenticabili), capaci di elevare l’Essere Umano al cielo o farlo sprofondare negli abissi, per sentirti un dio?

Potere. Immensità e Oscurità.

Ritornando al discernimento nel valutare cosa valga la pena leggere, ci rendiamo conto di cosa ci siamo fatti negli ultimi secoli? Abbiamo dato in mano il potere anche a chi si è preso gioco di noi, facendoci fare un giro dentro il loro personale inferno, con l’arroganza di chi si crede “baciato dalle Muse”. Brividi.

Lo dico da lettrice navigata, mi sono tenuta stretta la libertà di leggere quello che secondo me valeva la pena senza piegarmi ai consigli di chi ne sapeva di più (ed è facile saperne più di me, in qualsiasi ambito). La mia non è stata presunzione, bensì cautela.

Scelgo per assonanza, non perché amo ciò che mi dà ragione o che conferma la posizione che ho scelto di tenere, ma perché le cose scritte hanno potere e se guardare le cose da un altro punto di vista è motivo di espansione, non devo necessariamente sprofondare in ciò che non mi appartiene per natura (la natura imprescindibile di cui accennavo prima). Quel potere lo voglio maneggiare affinché non mi devasti i pensieri. La mente umana evoluta può giustificare qualsiasi orrore, lo sappiamo vero? Ok, è mio dovere mantenere un equilibrio che mi aiuti a non esserne sopraffatta.

La violenza la percepisco subito, anche quando è soltanto un filo sottile sottilissimo. Appena posso la sfanculo. Rimane la prima regola nel mio personale decalogo (massì, bruciatemi sul rogo di nuovo).

Pertanto, leggere tutto e di tutto io non lo consiglierei a nessuno. Non tutto vale la pena essere letto. Non tutto vale la pena essere sviscerato, non tutto vale la pena essere capito, non tutto vale la pena di essere inserito nel proprio bagaglio di conoscenza. Non tutto. E non è questione di punti di vista, ma di preservare quella libertà di pensiero che può facilmente essere trasportata laddove un autore capace e stratega ha intenzione di portarci.

Lo conosci? Di persona? Ti fidi di lui come di te stesso? Ecco. Magari dargli in mano la tua mente non è proprio un’idea brillante, non trovi? Cautela e consapevolezza sono tutto ciò che abbiamo per preservare la nostra libertà di scelta e preservare la nostra capacità di discernimento.

Detto questo, da quello che è riportato nella sua biografia, George sarebbe stato quella persona/autore con cui avrei volentieri preso un caffè e fatto quattro chiacchiere. Prima ancora di leggere i suoi scritti, soltanto per “sentire” se quello che usciva dalla sua bocca era quello che risiedeva nel suo cuore. Poi, da lì, avrei deciso se diventare una sua lettrice oppure no.

Mi sono lasciata alle spalle l’età del mito da seguire da un bel po’, specialmente dopo aver incontrato alcuni di questi e essermi resa conto che l’umanità è la cartina tornasole che svela ciò che le parole scritte possono abilmente celare.

Non facciamoci più infinocchiare, dai!

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