Non mi fa impazzire la campagna di Netflix “Ci separa soltanto una storia”, la trovo banale. Forse soltanto perché lo storytelling è il mio quotidiano e avrei scavato un po’ più a fondo per creare una reale partecipazione emotiva. Sono di parte, probabilmente.

Il concetto mi piace, invece, penso che sia capace di arrivare al centro della Terra fin su Marte nel giro di pochi istanti. Forse è per questo che non mi convince il modo in cui è stato affrontato nel video (nel cartaceo è già più convincente).

 

Questo,invece, è il testo. E visto che è questo che faccio (cioè scrivo), vorrei affrontare la cosa a muso duro (a mio rischio e pericolo):

 

andando nel dettaglio, non avrei utilizzato “speciale” perché come aggettivo è davvero inflazionatissimo.

Anche parlare di “viaggio” ormai è banale, si può fare di meglio.

E lo spiegone di che cos’è un viaggio e di come ci si sente mentre si è in viaggio, è davvero inutile perché non ti fa muovere mezzo pensiero.

“Attraversando le piccole cose che ci rendono unici, fino a quelle più grandi, che ci rendono tutti uguali.”

No, non ci trovo troppa poesia qui dentro. Perché? Bhé, le piccole cose che ci rendono unici non si può più sentire (l’hanno utilizzata un milione di volte, in ogni salsa, per qualsiasi occasione) e le cose grandi che ci rendono tutti uguali è un’emerita idiozia.

Surfando sul significato delle parole non si ottiene mai un gran risultato.

 

 

Credo, invece, che la linea rossa, quella linea rossa che inizia con il play e che si mangia il grigio man mano che avanza, quella sia molto potente.

Credo che in quella linea rossa ci poteva stare l’urgenza di un contatto (che ci sembra più reale se è una storia a metterlo in scena);

ci poteva stare la complessità dell’essere Umani (che ci sembra più evidente, più chiaro, quando una storia ci fa entrare nella testa di ogni personaggio e ci impone uno sforzo empatico);

ci poteva stare lo smarrimento nel decidere da che parte metterci (tra il bene e il male ci sono sfumature capaci di stravolgere le nostre convinzioni, i nostri pregiudizi e le nostre miserie).

Ecco, se anziché abbandonarsi alla superficialità del “già sentito” si fosse cavalcata quella linea rossa famelica si sarebbe potuto far brillare il potere che ogni Storia afferma ancora prima di quel play.

Quando ti viene voglia di tuffartici dentro, perché la realtà è grigia e non riesci a capirla come dovresti. In quel momento cerchi una storia che te la possa far sentire più che spiegare. Devi sentire con la pelle e soltanto dopo capire con il cervello per assimilare quella conoscenza che diventa tua, immagine dopo immagine, e con cui poi ti troverai a fare i conti. Perché non sarai più lo stesso.

Questa cosa qui è molto più che un viaggio. È cambiamento.

E non è una cosa speciale tout-court. È un’opportunità che diventa salvezza, se la usi per avvicinarti al mondo reale senza farti schiacciare da quello che prima non capivi.

Prima.

Prima che quella storia ti entrasse dentro per aprirti con forza l’anima.

Prima.

 

Ok, questa è la mia lettura personale, ma se vuoi approfondire l’argomento in questo articolo di InsideMarketing trovi tutto il resto: “Ci separa soltanto una storia” di Netflix.

 

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