La mia frase preferita in assoluto: “Non lo so”. Abbassa le aspettative, mortifica l’ansia da prestazione, apre nuovi orizzonti. Ti fa prendere una posizione strana, non sei più sulla difensiva, ti dichiari disarmato.

Situazione rischiosa, è vero, ma disarmato non significa privo di risorse, significa soltanto “ora non ho modo di sapere” e per essere presente ho bisogno di tempo, di informazioni, di conoscenze che al momento non possiedo. Forse è semplicemente che non mi sono fatto un’idea o che non penso che la mia idea sia abbastanza per completare un pensiero solido sul quale appoggiarmi.

Non lo so.

Ma tutto quello che non so, se voglio, lo posso imparare. Se voglio. Posso impararlo. Magari non benissimo, ma un po’ sì.

Un’altra frase che mi aiuta a mantenermi salda è: “Le voci non possono cambiare, i pensieri sì”. Ascoltare le voci e saperle riconoscere è vitale. Nella voce ritrovi l’origine, quella che non mente. I pensieri cambiano con l’umore, con la pressione, con l’urgenza, con l’interesse. Va tutto bene, ma può essere stordente.

La voce può tremare, si può spezzare, si può alzare, abbassare, spegnere. La voce ha un tono, ha una profondità, ha un’altezza, ha un colore. La voce ha un nome, ha un viso, ha un corpo a cui appartiene. Ascoltare le voci, al di là di quello che è il significato dei suoni utilizzati per dare forma alle parole, ti apre a scoperte solide. Molto solide.

La frase che in questi giorni ho ritrovato, scritta lì dove sapevo che sarei andata a cercarla qualora ne avessi avuto bisogno, è il mio mantra rassicurante, quello che riempie i “non lo so” e fa smettere di tremare la mia voce: “Le storie migliori sono sussurri”.

Possono arrivarti solo se ci sei molto vicino, altrimenti si perdono tra i suoni che stanno intorno. Trovano il proprio posto quando l’attenzione è totale, dentro e fuori non esistono più per il tempo necessario a mostrarsi.

Sono quelle che rimangono. Quelle che non perderai. Quelle che non vuoi raccontare.

 

 

Ci sono momenti in cui un “non lo so” non è accettabile, devi trovare una risposta e prenderti le tue responsabilità.

Ci sono situazioni in cui le voci si confondono e riconoscerle è faticoso, complicato, doloroso. Puoi decidere se lasciarle scorrere o afferrarne una e dedicarle la vita.

Ci sono sussurri che ti chiedono di diventare urla, devi scegliere se prestarti al cambiamento o declinare l’invito. Devi scegliere se aiutare o essere d’intralcio.

Fai quello che devi. E fallo bene. Meglio che puoi.

Questo è tutto quello che so.

 

Vai all’articolo precedente ——–> 

Torna in homepage per scegliere altri articoli da leggere —————>