(1028) Bivacco

Mai avuto la sensazione  che la vostra vita sia un bivacco? In procinto di ripartire, di traslocare, di andare altrove? Di vivere come se non apparteneste a quel luogo, ma esservi fermati in una tappa lì nel mezzo del cammin di nostra vita perché la notte vi ha sorpreso durante il viaggio… insomma, qualcosa del genere. Mai?

Ecco, non è concettualmente una cosa brutta, ma in certi giorni la realtà può schiacciarti al suolo e di ripartire hai proprio zero voglia. Eppure, devi farlo. Raccogli le tue poche cose e ti incammini di nuovo sul sentiero che ti porterà altrove. Dove? Boh. Altrove.

Che nella pratica, è bene sottolinearlo, non significa che cambi vita, che cambi casa o lavoro o fidanzato o testa. No. Tutto rimane lo stesso. Questo è lo scollamente che provoca la sottile devastazione intima che ti accompagna. Il paradosso letale.

Va bene, so che di ogni cosa so farne un dramma e – comunque – non mi prendo così sul serio come sembra, ma questa cosa qui, questo bivaccare in procinto di spostarsi, è veramente logorante. E le frasi di consolazione tipo “nulla è per sempre”, non è che sollevano il morale, ti fanno piombare in un baratro di cinismo alla Jessica Jones (che tutti i torti non ha, po’ra stela).

La vita non è mai troppo chiara, neppure quando ti dà segnali forti che sembrano inequivocabili tu sai che parla per metafore, e io con le figure retoriche non sono bravissima, me le confondo, e soprattutto mi confermo un’incapace davanti ai rebus, alle sciarade e agli anagrammi… un’ebete totale. Quindi – va da sé – riuscire a capire cosa diavolo significhi davvero questo bivacco di vita in cui sono intrappolata diventa abbastanza faticoso.

Ok, capire è forse un verbo sopravvalutato – se riguarda me in primis – ma qualcosa vorrà pur dire, qualcosa sotto c’è di sicuro. 

Ah, già… è martedì. Questo spiega tutto.

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(878) Genio

Non sono nata genio, ma lo so riconoscere quando lo incontro. Anche per questo ci vuole un certo genio, concedetemelo.

Mi va a genio, generalmente, chi mi guarda negli occhi riconoscendomi come essere pensante – no non è cosa ovvia – e sa ascoltare anche quando dico cose noiose (succede raramente, ma succede) (detto con una certa ironia, ovviamente).

Mi vanno a genio i libri che mi fanno scoprire il mondo – no non lo fanno tutti – e quelli che mi fanno scoprire piccoli pezzettini di me che ancora non avevo focalizzato per bene.

Mi va a genio chi sorride per darti il benvenuto, chi ti offre da bere solo per poter trascorrere del tempo con te e nient’altro. 

Mi vanno a genio le mug perché non sono tutte uguali, anche se tutte nascono con la stessa funzione. Caffè, tè, me? (cit. Una donna in carriera – film)

Mi vanno a genio le noci brasiliane, i frutti rossi, le candele e gli incensi, lo smalto per unghie, il chinotto, le mappe mentali, gli abbracci sinceri, le corse in bicicletta nella mia pianura/campagna natìa, il mare…

Mi piacciono le persone geniali, ma solo quelle che non sanno di esserlo. L’umiltà colma certi vuoti d’anima delle menti troppo illuminate. Perché anche essere troppo illuminati non è che sia proprio il massimo (secondo me, e non parlo per invidia). Mi piacciono di più, però, le persone di cuore. Quelle superano il genio perché hanno capito cosa significa amare.

In tutto questo vorrei che ci fosse un senso, ma non sono giorni sensati questi per me, sono giorni scoperti, dove gli appigli scivolano via e il rotolare mi fa cadere la testa. Vorrei essere più forte. Più saggia. Anzi, geniale. Magari riuscirei a risolvere questa vita-rebus che mi supplica di essere risolta.

Eh. Mica è cattiveria. Sono soltanto limitata. Maledizione.

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