(975) Stimoli

Sono la cosa più difficile da trovare, giorno dopo giorno dopo giorno dopo giorno… appena smetti cadi giù. Depressione cosmica. Immagino abbia a che fare con l’adrenalina, la serotonina, o qualcos’altro che finisce con -ina (cocaina o stricnina? Scherzo… quasi).

Fatto sta che la curiosità a un certo punto si appoggia da qualche parte e se non le dai una scossa lei si assopisce. Non è che dipende da quello che il mondo attorno a te ti butta addosso, volendo lui non smette mai di scuoterti (non si può stare in pace un secondo). E forse proprio per questo, quando siamo stanchi abdichiamo a qualcun altro la voglia di reagire agli stimoli. Passo.

Il che va bene, ma bisognerebbe farlo con un certo criterio. Cosa che negli ultimi tempi io non faccio. Non faccio le cose con quel certo criterio mio solito, le faccio alla vaffa. Non va bene, ma gli stimoli m’arimbarzano. Non ho ancora capito se è perché sono stanca o perché sto diventando vecchia o perché sono scema e mi lascio scivolare le cose addosso come se non ci fosse un domani. Ancora non lo so. So però che sta arrivando l’estate (dicono) e che la temperatura si alzerà vertiginosamente e che la mia voglia di reagire agli stimoli si azzererà istantaneamente. 

Il mondo vivrà l’estate e io no.

Non è una presa di posizione, come alcuni potrebbero pensare, è proprio un passare. Passo. Semplicemente. Senza colpo ferire. Senza rimorsi, senza rimpianti, senza nulla. Passo e basta.

Gli stimoli sono quelle cose che tu raccogli (da ovunque) per farne qualcosa (qualsiasi cosa). Ecco, faccio fatica a considerarli come un tempo.  

C’è qualcosa che non va. Eh. Forse. Ma sai che c’è? 

Passo.

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(843) Standard

La intendiamo come normalità. Una cosa, una situazione, una persona ordinaria. Già sai come inizia e già sai come finisce, quindi? Sciallo. Nel positivo come nel negativo, beninteso, perché è comunque una cosa che ci ha visti già passare, ci ha già preso le misure, e che intende replichersi così come è sua natura fare. Amen.
 
S’è capito che gli standard mi terrorizzano? No, perché sono davvero terrorizzanti, vero?
 
Viscidamente ti mettono in una situazione dove abbassi la guardia. Ti poni di fronte a uno standard con una certa remissività, abbassi la testa in un certo senso. Lui ti saluta con un famigliare “ehi, amico!” e tu rispondi con un rassegnato “ah, ciao”. Non ti permetti alcuna enfasi, lo riconosci – certo – ma preferisci essere cauto, non ti fidi. Ma cauto mica significa che già non sei entrato nel tunnel del so-già-cosa-mi-aspetta-fanculo-speriamo-stavolta-di-non-lasciarci-le-penne, anzi, te lo stai già arredando il tunnel. E tu lo sai, perché gli standard solitamente hanno un lungo iter. Richiedono tempo.
 
Vabbé, non voglio dire che stare sempre allertati ci fa vivere bene, ma il punto è che gli standard NON sono innocui. Sembrano! Solo lo sembrano, ma non lo sono!
 
Si tende a dimenticarlo perché hanno una forma rassicurante, quel già-visto-che-sta-bene-su-tutto (tipo il tubino nero di Audrey Hepburn, che però se lo indossa lei è elegante e se lo indosso io diventa inguardabile – il tubino, mica io! Eh… certo certo).
 
Ora, non lo sto dicendo per seminare il panico, ma voglio creare nei loro confronti una sorta di clima di sospetto, voglio incentivare nei loro confronti uno sguardo critico, un atteggiamento combattivo o comunque di sfida. Sì, sfidiamo gli standard! Facciamogli vedere di che pasta siamo fatti, noi che dagli standard ci siamo sempre presi le porte in faccia. Regoliamoci di conseguenza una volta per tutte: “Di chi porte in faccia ferisce, di porte in faccia perisce”, recita l’adagio. Quindi avanti tutta, senza scrupoli!
 
Io non odio nessuno, ma gli standard proprio non li sopporto. Proprio.
 
S’era capito?
 
 
 
 
 
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(695) Calorie

Tutto quello che di buono esiste al mondo – che si possa mangiare – è un assalto calorico al fisico. Bisogna fottersene per riuscire a godersi la vita, non ce n’é per nessuno. La questione golosità è una cosa che mi tocca sporadicamente e senza attecchire troppo, credo sia una fortuna, ma ciò non basta per influire efficacemente sul mio peso. Nella fortuna la sfiga, come al solito.

Filosofeggiando potremmo anche riconoscere in questa perenne lotta (non di tutti, certo, soltanto di chi si ritrova portatore di metabolismo pigro) la lezione più importante che dobbiamo prima o poi imparare: bisogna fottersene e alla grande. 

Del giudizio di chi ci guarda e apre bocca per dire la sua, e anche del nostro giudizio quando ci analizziamo mortificandoci l’anima. Stare lì a contare, a togliere, a piangerci su, a innervosirci e a bestemmiare contro chi può ingozzarsi senza colpo ferire, non serve a niente se non a farci cadere in depressione. Chiarito questo concetto base – ovvio, ma piuttosto utile – in queste settimane di caldo assurdo mi viene ben facile fottermene. Sul serio, non me ne frega nulla neppure di mangiare, figuriamoci di calcolare le calorie che ingerisco. Certo che sono conscia che tra poco mi cadrà in testa l’autunno e dovrò in qualche modo gestire meglio questa questione, ma sono anche fiduciosa sul fatto che ci riuscirò. Magari non tutto subito, magari non con grandissimi risultati, ma fottermene alla grande e totalmente e senza sensi di colpa, sono sicura che lo potrò fare sempre meglio e con sempre più soddisfazione. Sì, ci riuscirò. Perfettamente.

Augh!

 

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