(1095) Fine

Si fa presto a dire fine. Credo un secondo. Se lo dici veloce ci riesci in mezzo secondo. In mezzo secondo ci stanno tonnellate di cose dette e cose che non saranno mai dette, di cose fatte e cose che non si faranno mai più. Mezzo secondo e basta. Fa impressione, vero?

Cercherò di far durare questo post un po’ più degli altri, perché è l’ultimo, perché è un mezzo secondo in slow motion e voglio farci stare dentro tutto quello che in tre lunghi anni non ho saputo, non ho potuto, non ho neppure pensato di scrivere. 

Inizierò col fatto che non ho idea di quanti siate a leggermi. Ho un plug-in che mi fornisce alcuni dati, ma non so neppure se crederci o no. Per esempio mi dice che “Data” è stato letto da 1836 visitatori, “Insieme” da 1735, “Pastasciutta” da 1673, “Ambiente” da 1666 e “Calcoli” da 1471 (sono i primi 5 in classifica). Poi ci sono anche minimi storici: 23 lettori per “Opportunità”, il che è molto triste, sembra che come parola non venga ricercata minimamente su google. Mah!

Non ho mai pubblicizzato questo blog, ho soltanto condiviso i post sul mio profilo Facebook, sulla mia pagina Facebook e sul mio Twitter. Avrò al massimo un migliaio di contatti sommando tutti i social e credo che neppure un 10% di questi si fermi qui a leggermi. Così ho pensato in questi anni, con questi conteggi posso immaginare che un centinaio di persone di qui siano passate e si siano pure fermate a leggere. Pazzesco. 

Ovvio che se apri un blog ti aspetti di essere letto, altrimenti ti fai il tuo diario personale e stop, ma la sfida era di scrivere come se nessuno mi potesse mai leggere. Scrivere in libertà. Bé, ci crediate o no la sfida l’ho vinta. Ho scritto pensieri talmente fastidiosi e facilmente fraintendibili che se ci avessi messo un po’ di cautela li avrei evitati. Non l’ho fatto.

Ci sono persone che mi conoscono, perché le frequento regolarmente, che mi leggono senza far parola. Fanno finta di niente. Lo trovo bellissimo. Trovo davvero bellissimo e delicato il fatto che non vogliano discutere con me di quello che ho scritto e che a loro bastino quelle righe senza sentire il bisogno di altro. Credo sia la cosa più bella che mi potessi augurare. Eppure vedere il sorriso di Laura o di Eleonora o di Giuseppe che mi accolgono al lavoro dicendomi “bello quello che hai scritto ieri” mi commuove. Sempre inaspettato e sempre commovente. Ecco, ogni tanto quando ho scritto ho pensato a questi visi belli e ho pensato che avrei voluto farli sorridere, se ci sono riuscita ne sono felice. E cosa dire di chi neppure mi conosce e mi lascia bei commenti sui post condivisi sui social? Eh… senza parole.

Ho viaggiato in lungo e in largo nel mio cervello e nel mio cuore in questi tre anni, mi sarò ripetuta un milione di volte (ne sono sicura), in un loop psicotico, ma ho scoperto che sono un 33 giri e che suono così senza troppe variazioni sul tema. Sospetto che tutti gli Esseri mortali funzionino così, ciò è consolante.

Come dicevo nel post precedente, prima di varcare la soglia e chiudermi questa porta alle spalle ho voluto sistemare le cose e ho deciso che mi sarei presa qualche giorno per tirare le somme. Questo è davvero l’ultimo post dei ***Giorni Così*** scritto in questo modo, come pensieri liberi. Quello che verrà nei prossimi giorni avrà un tono diverso e uno scopo diverso, ovvero: analizzare cosa questo folle esperimento ha prodotto in me.

Non so se avrete voglia di accompagnarmi ancora per un po’ e scoprire il backstage della mia esperienza di scrittura condivisa buttandomi sul web senza protezione, spero di sì.

Non so davvero come concludere, ora. Posso dire che non pensavo sarei stata triste, ma lo sono. Non pensavo sarei stata dispiaciuta, ma lo sono. Non pensavo mi sarei ritrovata con le dita pesanti che tergiversano per rimandare di digitare il punto… eppure…

That’s all Folks

si chiude il sipario

è stato un viaggio incredibile

avrò bisogno di mesi per potermene rendere conto per bene

e so che mi mancherà

ma è stato vissuto così intensamente dentro di me da provocare le vertigini

e non so quanto tutto questo avrà senso per voi che siete passati di qui

so che il senso che ha per me non può essere spiegato a parole

ma so anche che le parole hanno un limite di lunghezza

e spesso non di contenuto

e che basta sceglierne una a volte

per illuminare tutto

quindi

grazie

.

 

 

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(1067) Convincere

Ci hanno un po’ convinto che il mondo andrà in malora vero? Ce la stanno mettendo tutta e ci hanno quasi convinto. Vedo che ci manca la gioia. Anche solo per andarsi a mangiare un gelato o farsi una passeggiata o guardare le stelle, ci hanno proprio rubato la gioia.

Lo hanno fatto massacrandoci di notizie atroci. Morti esplosi, morti torturati, morti a causa di calamità naturali o di incidenti dolosi, morti di malattie e morti suicidi. Ci parlano di morte continuamente, ce la fanno vedere e respirare senza tregua. Ci hanno quasi convinto che il peggio sta per arrivare.

E noi non ci arrendiamo, noi progettiamo di fare famiglia e avere dei figli, ma ormai senza troppa gioia perché la preoccupazione ci ha tolto il sonno e l’ansia ci mangia l’anima.

Ci siamo incattiviti, ci siamo inariditi e non ce ne rendiamo neppure conto.

Guardiamo l’orizzonte cercando di indovinare da dove arriverà la prossima tempesta sperando di vederla in tempo e di schivarla, di nuovo, di poterla giocare e allontanare da noi la fine.

Mi domando quando è iniziato tutto questo, con la bomba atomica? Mi domando, soprattutto, se sia possibile fermare questa politica di annichilimento della gioia e salvare la nostra mente dandole un po’ di speranza. Non lo so, dovrebbe esserci un risveglio di massa, una rivoluzione gioiosa (e non sto parlando del Beach Tour di Jovanotti santocielo!). Dovremmo trovare il modo per far sì che ci importi ancora.

Ma ci importa ancora? Diavolo, a me sì!

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(823) Puntine

Siamo arrivati a quel punto dell’anno (la fine) dedicato al tirare le somme. Davanti a me ho – proprio fisicamente – un pannello di polistirolo bianco e in mano una bella quantità di puntine. Andrò nelle prossime righe a scrivere tutte le cose che le puntine fisseranno sul pannello (che è il mio 2018). Siamo pronti? Via!

Il buono del mio 2018:

  • la mia famiglia
  • i miei amici
  • il mio lavoro
  • la mia salute (che sto recuperando)
  • il mio amor proprio (che sto recuperando)
  • la mia voglia di scoprire, conoscere, imparare (che non si ferma mai)
  • i miei progetti (ben lungi dall’essersi esauriti)
  • le mie sconfitte e le mie piccole vittorie
  • il mio esserci senza sconti (croce e delizia di chi mi sta attorno)

Tutto questo è il malloppo che nel 2018 ho mantenuto e accresciuto e che sono intenzionata a portarmi anche nel 2019. Perché è facile dire ora che l’anno appena trascorso è stato un delirio – e lo è stato senza il minimo dubbio –  bisognerebbe anche avere il coraggio di nominare il delirio pezzo dopo pezzo per capire se ne è valsa la pena. Direi, nel mio caso, sì. La fatica, le incazzature, i buchi nell’acqua, gli scivoloni, le botte in testa e quelle all’orgoglio, le cantonate, le speranze spezzate, le illusioni polverizzate: ne valeva la pena.

E non è che adesso io pensi che il 2019 sarà tanto diverso dal suo predecessore… ne sarà la giusta conseguenza: una serie di cunette, muri, precipizi a non finire. Perché è sempre stato così per me e sto iniziando a pensare che è così per tutti, quindi perché lamentarsi?

La cosa migliore di quest’anno, che ormai è quello vecchio, è che ha saputo cambiarmi. A differenza di altri suoi colleghi, che in passato ci hanno provato – santocielo se ci hanno provato – ma che hanno anche fallito miseramente, questo 2018 mi ha messa davanti a me stessa e mi ha urlato: “Ti svegli o no?!”. Ecco, non sarà stato molto carino, né tantomeno gentile, ma l’ho trovato appropriato e del tutto efficace. Pur di farlo smettere di gridare come un ossesso ho iniziato a fare in modo diverso, addirittura a pensarmi in modo diverso da come mi pensavo. Ho proprio provato a pensare di me qualcosa d’altro. Non necessariamente migliore, ma ho varcato certi confini che prima neppure vedevo. Non so come spiegarlo, so che ha funzionato. Ho cambiato idea su me stessa. Già a scriverlo mi fa paura, accorgermi che è la pura verità mi fa tremare le gambe. E adesso come farò?

Boh. Sono certa che il 2019 avrà le risposte che merito. E si salvi chi può!

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(794) Segnalibro

Ormai uso i post-it, perché nei libro che leggo solitamente ci sono sempre mille passaggi che devo ricordare e che vorrei ricordare – anche se raramente ne ricordo più di una manciata (per evidenti limiti neuronali). Mi piace sottolineare le righe che dovrei memorizzare, se lo faccio ci sono più probabilità che mi si imprimano in testa e comunque so che se lo riprenderò in mano dopo qualche tempo basterà seguire i post-it e le sottolineature e ricomporrò velocemente tutto il resto. 

Faccio lo stesso anche con gli eventi che si introducono nella mia vita, alcuni li sottolineo dentro di me con forza perché non voglio farmeli scappare. Ad altri ci metto il post-it perché vorrei far presente a me stessa che non serve replicare l’esperienza, già l’ho fatta e già m’è servita. Tanto basta.

Mi sono accorta, però, che ne ho troppi di post-it sparsi tra i giorni attraversati e ormai le pagine si sono gonfiate e sembra tutto troppo. Troppo da ricordare, troppo da accettare così com’è, troppo da sopportare. Sto pensando di alleggerirmi il carico e toglierne alcuni. Soltanto alcuni. Magari quelli che hanno colori sbiaditi e che coinvolgono persone ormai lontane. Inizierò da questi e vediamo che effetto che fa.

Sono incerta se dare loro l’addio o semplicemente toglierli facendo finta di niente. Non so se poi rimpiangerò il momento del distacco, perché troppo frettoloso e poco celebrativo. Non lo so. Per alcuni penso di aver dato più che abbastanza, per altri meno, ma in fin dei conti non è che posso pretendere di essere sempre equa e giusta. Posso pure perdonarmi qualche mancanza, no?

Il segnalibro oggi lo posizione tra le parole “mancanza” e “perdono”. Credo sia un buon inizio e, tutto sommato, una fine onorevole. Sì, onorevole.

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(193) Universo

Ognuno ha diritto a crearsi il suo personale universo e di essere, per questo, lasciato in pace. Un universo è cosa delicata, cosa privata che deve essere protetta altrimenti si sciupa.

Non dico che dev’essere un segreto, ma quasi. Dentro all’universo succedono cose che non si possono dire perché non ci sono parole abbastanza lucenti per farlo bene. E se non lo puoi fare bene allora lascia perdere, non farlo e basta. Pensalo, sognalo, guardatelo in silenzio come se fosse una preghiera. Ma tienitelo per te.

Insegnare alla gente che un universo si deve rispettare – di qualsiasi universo si tratti – è una partita persa. Non è neppure colpa loro, non riescono a guardarli e basta gli universi degli altri, devono per forza metterci il naso e il giudizio e tutto viene sporcato e gli universi, si sa, sono permalosi, possono anche decidere che implodono e boom. Più niente. Niente universo, niente luccicchii, niente di niente.

Buco nero, si chiama. Un buco nero non è la fine, è solo un condensato di universo che è imploso e che per ri-uscire allo scoperto deve essere convinto. Ci vuole una pazienza santa e tanto amore per riuscirci.

Teniamo lontana la gente dal nostro universo o il buco nero risucchierà anche noi. E non è per niente bello. Fidatevi.

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