(193) Universo

Ognuno ha diritto a crearsi il suo personale universo e di essere, per questo, lasciato in pace. Un universo è cosa delicata, cosa privata che deve essere protetta altrimenti si sciupa.

Non dico che dev’essere un segreto, ma quasi. Dentro all’universo succedono cose che non si possono dire perché non ci sono parole abbastanza lucenti per farlo bene. E se non lo puoi fare bene allora lascia perdere, non farlo e basta. Pensalo, sognalo, guardatelo in silenzio come se fosse una preghiera. Ma tienitelo per te.

Insegnare alla gente che un universo si deve rispettare – di qualsiasi universo si tratti – è una partita persa. Non è neppure colpa loro, non riescono a guardarli e basta gli universi degli altri, devono per forza metterci il naso e il giudizio e tutto viene sporcato e gli universi, si sa, sono permalosi, possono anche decidere che implodono e boom. Più niente. Niente universo, niente luccicchii, niente di niente.

Buco nero, si chiama. Un buco nero non è la fine, è solo un condensato di universo che è imploso e che per ri-uscire allo scoperto deve essere convinto. Ci vuole una pazienza santa e tanto amore per riuscirci.

Teniamo lontana la gente dal nostro universo o il buco nero risucchierà anche noi. E non è per niente bello. Fidatevi.

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(115) Urlare

Va bene farlo, non tutto il tempo, ma ci sono occasioni in cui farlo è inevitabile. Non fa proprio bene, neppure a te, anche se è vero che se tieni tutto dentro rischi di implodere. Bisogna farlo nel modo giusto, nel momento giusto e con chi davvero se lo merita. Raramente avviene con modalità controllata, purtroppo.

Non mi piace urlare, me lo evito finché posso. In tutta la mia vita l’avrò fatto tre volte, me le ricordo benissimo, mi ricordo soprattutto come mi sentivo. Ero fuori di me, una cosa che mi ha spaventata. Se ci penso sto ancora male. La gente che urla mi fa venire la pelle d’oca, mi fa venire voglia di scappare il più lontano possibile.

Quando urli addosso a una persona crei un’energia violenta che ha ripercussioni che non puoi né valutare, né controllare. E se ci fai attenzione dentro di te qualcosa cambia. Non è proprio vero che ti senti meglio, ti senti vuoto.

Vuoto non significa che stai bene. Vuoto significa vuoto.

Quando senti che ti mancano di rispetto, urlare serve a poco. Andarsene funziona. Rende tutto inequivocabile. Un addio di questo tipo lascia il vuoto in chi ti sta urlando addosso, non dentro di te.

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(30) Permesso

Se fossi rimasta ad aspettare di avere il permesso di fare sarei ancora bloccata lì e forse sarei morta (d’inedia, se non altro). Non nascondo il fatto che ho aspettato per troppo tempo quel fatidico permesso mai arrivato, avrei dovuto svegliarmi prima. Lo so. Non ho perso tempo, però, mi sono preparata.

Mentre aspettavo ho alimentato la mia mente e il mio spirito, far passare il tempo senza fare nulla è per me cosa da non prendere neppure in considerazione. Più mi riempivo e più i dubbi sul fatto che potevo anche non farcela (e senza quel permesso era certo che partivo in svantaggio, un cavallo perdente su cui scommettere significa perdere soldi) si alleggerivano un po’.

Lavoro + studio = meno dubbi

Siccome la testa piena e l’anima piena non possono che esplodere o implodere, per evitare il ricovero coatto in neuropsichiatria ho deciso di buttar fuori e non trattenere più le mie creazioni. So anche precisamente quando è successo, ricordo le conseguenze e valutando il tutto mi è andata strabene. Un blog, un libro, un’esperienza indimenticabile. Questo mi ha dato forza per continuare.

Non ho più aspettato quel permesso e nessun altro permesso per creare e per offrire al mondo le mie creazioni. Modeste, certo, ma Oneste.

So che dà fastidio a molti questo mio modo di interfacciarmi con il mondo, senza chiedere il benestare di un’entità superiore (è questo che racchiude il concetto di “permettere”, rendiamocene conto) io mi permetto di concretizzare quello che ho in testa e lo dono firmandolo con il mio nome e il mio cognome.

Che imperdonabile ardire!

Me ne frego bellamente. Io so volare.

b__

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