Quando scoprii – anni fa – l’importanza dei venti per il nostro pianeta ne rimasi affascinata. Mi domandai perché a scuola nessuno me lo avesse detto, o per lo meno perché nessuno lo ritenesse abbastanza vitale da farcelo tatuare in fronte. Sono un’ingenua, lo ammetto.
Mi capita spesso mentre scopro gli abissi della mia ignoranza, di cui continuo a vergognarmi ma che con gioia cerco di colmare di tanto in tanto, di pensare: “Adesso la mia vita non sarà più la stessa”. Spesso è così, altre volte me lo dimentico dopo due secondi – ma senza cattiveria, solo perché sono piuttosto rimbambita.
I venti sollevano e mitigano e trasportano e alzano/abbassano e profumano o puzzano – e mille altri verbi che si agitano anche in contemporanea – in poche parole i venti vivono e ci permettono di vivere. Sono la combinazione di tutti i movimenti che ci potremmo immaginare calcolando quanto il nostro pianeta si sa muovere e si muove, e sempre in dosi diverse. C’è da perderci la testa a misurarli e credo che sia per questo che l’uomo abbia deciso di farsene un’idea un po’ più statica – quel tanto che gli permettesse di capirci qualcosa – disegnando una rosa: la Rosa dei Venti.
La Rosa è il fiore Regina, ha centinaia di colori e varianti, ha petali vellutati e profumi tenui o intensi ed è sempre bellissima. Che la Rosa abbia bisogno dei Venti lo si potrebbe anche intuire, ma che anche i Venti abbiano bisogno della Rosa questo mi piace. Non lo so perché, ma mi piace. Non è la verità dei fatti, è una trasposizione romantica del pensiero umano che in qualche modo trova nel mondo il bene che lo riempie e gli rende la vita possibile.
Ho divagato, forse, ma non m’importa perché ho seguito un pensiero che mi concilierà il sonno e mi farà stare bene.