(684) Scozia

Ci sono dei posti che ti rimangono nel cuore, forse perché un posto per loro lo hai sempre avuto dentro di te anche se non lo sapevi prima di incontrarli. Il mio anno in terra scozzese è stato intenso: persone, cose, avvenimenti, gioie, nostalgie, preoccupazioni e momenti di libertà assoluta. Tutto insieme, tanto per poterlo registrare subito, così anche una volta partita le cose assorbite si sono fatte presenti, una dopo l’altra e in buon ordine, negli anni successivi. Da lontano.

E anche ora arrivano, meno spesso, soltanto quelle importanti, quelle cose che hanno lasciato il segno. Ritornano e mi parlano. E io ascolto.

Come se quel viaggio non fosse mai finito, come se si fosse soltanto trasformato e fosse stato trasferito in una dimensione di eternità che è accessibile non a tutti e non sempre. Di tanto in tanto. Ritornano certi suoni, certi profumi, certi respiri che ti appartengono soltanto per un po’ e mai del tutto. Ti senti privilegiata ad aver potuto incontrare tutto quello che nella memoria ora trattieni, ti rendi conto che non è stato un sogno perché qualche foto è rimasta, ma con il tempo anche quella certezza si fa evanescente.

Penso che la felicità sia sopravvalutata, la felicità non tiene conto di troppe cose, non tiene traccia di troppi dettagli, non occupa che pochi attimi e non puoi chiedere di più. Quando ritorno ai luoghi che mi hanno cambiato i pensieri, e che hanno saputo modellare ciò che sono, non è per ritrovare l’ombra di quella felicità, ma tutto il resto. Forse perché non mi sono mai soffermata troppo sulla felicità, ma su tutto il resto sì.

Forse sono incapace di cogliere la felicità o, forse, è tutto il resto che mi interessa perché quello può durare per sempre e nessuno può portartelo via.

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(571) Dimensione

In un’altra dimensione sono straricca, proprio da buttare i soldi dalla finestra. In questa no. E non è bello. In quell’altra dimensione so farmi toccare solo dalle cose importanti, non mi lascio fermare dalle idiozie che ormai manco mi piovono più addosso perché han capito di che pasta sono fatta. In questa no. E neppure questo è bello. Sempre in quell’altra dimensione riesco a fare tutto benissimo, talmente bene che non ho limiti e non ho insicurezze e non faccio altro che fare cose grandiose che fanno stare bene tutti. In questa no. E anche se non è bello, ho imparato a conviverci.

La questione, però, rimane: ci sono cose che in questa dimensione mi sono precluse e non so il perché. Se lo sapessi me ne farei una ragione, smetterei di almanaccare e me ne starei buona, ma così è difficile far finta che mi sta bene. Non mi sta affatto bene. Ma proprio per niente.

Forse sto guardando troppi film della Marvel, lo ammetto, ma ci sono certi privilegi che fan comodo a tutti, soprattutto in questa mortificante dimensione astrale dove è tutto limitato e tutto soffocante. Ma non si può fare qualcosa? Non si può rompere la barriera dimensionale e far fluire un po’ di leggera-positiva-benefattrice energia rinvigorente anche qui da noi? No perché, è giusto saperlo, così si stenta a godersela la vita, davvero. Con tutta questa fatica della miseria ci si domanda sul serio e costantemente se ne vale la pena. Ti vien voglia di dormire tutto il giorno. Ti vien voglia di girarti dall’altra parte quando ti pare che l’occasione anche per te sia arrivata. Ti vien voglia di alzare le spalle quando invece dovresti giocare al rialzo. Per forza!

Vabbé, ora vado a vedere cosa combino in quell’altra dimensione cercando di non rosicare troppo. Pensa te come sono messa. Eh.

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