(993) Vacuità

È la trappola che le parole ti tendono, continuamente. Ti sanno incantare con niente, basta un niente. Devi farti forte di questo niente, spesso, per tenerti su. Per continuare a credere a quello che tu, soltanto tu, hai “sentito” dentro quelle parole, ma che in realtà nessuno ha mai pensato di dire, di promettere. 

Perché nascoste in queste piccole vacuità ci sono intenzioni più o meno ispirate e più o meno degne di lode.

Se le attacchi a un gesto, invece, qualcosa di concreto, restano a terra e puoi valutare quanto contenuto si portano dentro. E ce lo dicono tutti che i fatti valgono molto più delle parole, eppure continuiamo a scordarlo e ci aggrappiamo alle voci delle sirene. Perché?

Perché abbiamo bisogno di sognare.

Perché tutto quello che è concreto ci àncora e ci dà la sensazione che qualcosa-di-più-ci-deve-essere. Anche se quello che c’è è già tanto, anche se quello che c’è potrebbe bastare. Noi vogliamo di più. Che cosa di più o quanto di più non lo sappiamo. Solo di più.

Abbiamo bisogno di sognare. 

La vita che non avremo mai, le cose che sono troppo lontane da noi, le occasioni che non potremmo mai prendere al volo, le chiavi per aprire stanze in cui non oseremmo mai entrare. 

Il sogno è vacuità di contenuti, di sostanza, di valori. Non siamo tenuti a esserci, siamo beneficiari di un mondo che si mette a nostra disposizione e noi non dobbiamo far altro che goderne senza freni, senza inibizioni, senza pudore.

Amiamo la leggerezza del disimpegno, dell’irresponsabilità, dell’apatia, e il sognare ci regge l’utopia con grande dignità. Chi osa trasformare un sogno in qualcosa di reale? Soltanto chi si riporta a terra, chi progetta, chi si impegna e con fatica si dedica. Ben pochi. Perché un sogno che si àncora al suolo perde si ricopre di polvere, si sporca. Diventa gesto, non più pensiero.

Per chi fa, le parole prendono un altro significato e anche i sogni cambiano e il cuore si trasforma. 

La vacuità diventa fastidiosa per chi non si limita a sognare.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(751) Paura

Le settimane corrono veloci, come le ore di sonno che dovrei fare e che non vedrò mai più. Una cosa curiosa, però, è che nonostante questa settimana sia stata delirante (da ogni verso la si voglia guardare), per me va bene così.

Le cose sono due: ho raggiunto il punto xyz dove la stanchezza non osa neppure avere più una soglia oppure il poter guardare oltre e vederci un futuro migliore mi sta sostenendo come mai prima. Potrebbe darsi tutte e due, in sinergia. Mah.

Focalizzandomi sulla seconda opzione potrei addirittura azzardare che se togli la visione del futuro a un Essere Umano gli togli la voglia di vivere il presente. E dirò di più: il futuro arriva comunque, sia che tu te lo sogni bene o che tu te lo mortifichi per bene. Lui arriverà e si espliciterà nonostante le tue speranze e nonostante le tue paure. Non è che avere speranza tolga la paura, questo no, ma avere paura distrugge la speranza, questo sì.

Vivere nella paura è giustificato solo per brevi periodi, ma alla lunga è intollerabile. Deve essere intollerabile. Se non lo è allora siamo in un bel guaio.

La mia paura esce fuori spesso, ma l’ho sempre calciata un po’ più in là, come se non fosse mai il momento giusto per occuparmene. Sì, sconcertante. O sono folle o sono scema. Una folle scema o una scema folle, molto probabilmente. Comunque sia questa cosa me la devo riconoscere, non c’è niente da fare. La paura la distraggo con i libri, con la musica, con l’arte, con le idee, con l’amore per le cose e per le persone. A lei gira la testa e si mette in un angolo. Appena le passa ritorna in campo e io ancora lì a farle lo stesso scherzo. Ci casca sempre.

Forse il miglior modo di fottere la paura è dedicarsi a qualcosa o/e a qualcuno senza farsi portare via dall’angoscia. Forse altro modo non c’è. O almeno, io ancora non l’ho trovato.

Contare tutte le facce della mia paura non serve a niente, sono più numerose di me. Contare tutte le possibilità per distrarle mi aiuta a calcolare il tempo da vivermi. Libera.

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF