È la trappola che le parole ti tendono, continuamente. Ti sanno incantare con niente, basta un niente. Devi farti forte di questo niente, spesso, per tenerti su. Per continuare a credere a quello che tu, soltanto tu, hai “sentito” dentro quelle parole, ma che in realtà nessuno ha mai pensato di dire, di promettere.
Perché nascoste in queste piccole vacuità ci sono intenzioni più o meno ispirate e più o meno degne di lode.
Se le attacchi a un gesto, invece, qualcosa di concreto, restano a terra e puoi valutare quanto contenuto si portano dentro. E ce lo dicono tutti che i fatti valgono molto più delle parole, eppure continuiamo a scordarlo e ci aggrappiamo alle voci delle sirene. Perché?
Perché abbiamo bisogno di sognare.
Perché tutto quello che è concreto ci àncora e ci dà la sensazione che qualcosa-di-più-ci-deve-essere. Anche se quello che c’è è già tanto, anche se quello che c’è potrebbe bastare. Noi vogliamo di più. Che cosa di più o quanto di più non lo sappiamo. Solo di più.
Abbiamo bisogno di sognare.
La vita che non avremo mai, le cose che sono troppo lontane da noi, le occasioni che non potremmo mai prendere al volo, le chiavi per aprire stanze in cui non oseremmo mai entrare.
Il sogno è vacuità di contenuti, di sostanza, di valori. Non siamo tenuti a esserci, siamo beneficiari di un mondo che si mette a nostra disposizione e noi non dobbiamo far altro che goderne senza freni, senza inibizioni, senza pudore.
Amiamo la leggerezza del disimpegno, dell’irresponsabilità, dell’apatia, e il sognare ci regge l’utopia con grande dignità. Chi osa trasformare un sogno in qualcosa di reale? Soltanto chi si riporta a terra, chi progetta, chi si impegna e con fatica si dedica. Ben pochi. Perché un sogno che si àncora al suolo perde si ricopre di polvere, si sporca. Diventa gesto, non più pensiero.
Per chi fa, le parole prendono un altro significato e anche i sogni cambiano e il cuore si trasforma.
La vacuità diventa fastidiosa per chi non si limita a sognare.