Verso i vent’anni vedevo il mio futuro come un’infinita possibilità di sentieri da percorrere. Non ho mai immaginato autostrade o superstrade… sentieri sì. Chissà perché. Quello che poi la mia vita è stata è – sorprendentemente – un continuo attraversare strade che finivano in sentieri. Alla fine di ognuno c’era un pezzetto di me del quale al momento non sapevo che farmene quindi lo mettevo da parte.
Verso i quarant’anni ho recuperato tutti quei pezzetti e li ho disposti davanti a me, spolverandoli e lucidandoli perché avevano fatto anni a starsene accatastati e trascurati. Una volta fatto ho scoperto quale fosse il disegno e ho ricostruito il puzzle. Guardandolo ho pensato: ci siamo, va bene.
Il mio futuro a quel punto non era più quel groviglio di possibilità, c’erano alcune possibili strade da percorrere e optai per quella che mi sembrava portasse alla scoperta di nuove me. Sapevo il perché.
Arrivata ai cinquant’anni ho dovuto guardare bene a quei nuovi pezzi di me, ho scelto di sbarazzarmi di quelli ormai logori e immaginarmi con quali parti nuove sostituirli. Un lavoro meticoloso, sono solita non dare nulla per scontato. Il mio futuro si è accorciato, l’orizzonte s’è fatto più vicino ma il cielo non è limpido come mi auguravo. Era forse un’illusione, ingenua sicuramente, ma ci sono rimasta male. Chissà perché.
Questa riflessione potrebbe sembrare inutile, ma ogni volta che mi trovo davanti dei ventenni (più o meno) mi prende un senso di vertigine. Mi domando se anche loro pensino al proprio futuro come una serie di sentieri o se vedono soltanto un buco nero nel quale sono costretti a buttarsi e si-salvi-chi-può.
Perché oggi il tempo futuro ce lo disegnano denso e oscuro, ce lo vendono come l’incubo che mai vorremmo vivere. Se fossi giovane e piena di sogni oggi, com’ero un tempo, sarei incazzata nera.
Un Essere Umano che non sogna il proprio futuro è già morto. E lo sa.
Dovremmo ricordarcelo, dovremmo insegnarlo ai ragazzi: non fatevi oscurare il futuro da niente e da nessuno.
Mai!
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