Sanremo è il festival della canzone italiana. Tutti d’accordo? E invece no. Sanremo è il festival dei proclami, delle rivendicazioni, dei manifesti, delle provocazioni, dei colpi di scena. Le canzoni? Quelle stanno lì perché ci devono stare, sono il pretesto per i milioni di pubblicità venduta e per far girare un po’ l’economia dello spettacolo. Che è sempre un circo. Sarebbe bene ricordarlo.

In questo Sanremo 2023 ho voluto fare una cosa. Mi sono risparmiata di guardarmi le serate-premessa e mi sono concessa la finale. L’ho fatto anche l’anno scorso, a dire il vero, ma nel 2022 mi sono ascoltata le canzoni soltanto durante la finale. Lo scorso venerdì, però, ho aperto l’album su Spotify e mi sono ascoltata tutti i pezzi. Una volta sola.

 

 

Mi sono segnata su un post-it quelli che mi sembravano di valore dal punto di vista testuale (perché io mi occupo di parole, non sono una musicista), e da come le parole e il significato si armonizzano con la partitura musicale. Riporto solo l’essenziale dei miei appunti, quello che non appartiene a me ma agli autori:

1. Due vite (Marco Mengoni)

Se questa è l’ultima / Canzone e poi la luna esploderà / Sarò lì a dirti che sbagli ti sbagli e lo sai / Qui non arriva la musica / E tu non dormi / E dove sarai / Dove vai / Quando la vita poi esagera / Tutte le corse e gli schiaffi gli sbagli che fai / Quando qualcosa ti agita / Tanto lo so che tu non dormi / Spegni la luce anche se non ti va / Restiamo al buio avvolti / Solo dal suono della voce /
Al di là della follia che balla in tutte le cose / Due vite guarda che disordine / Se questa è l’ultima /
Canzone e poi la luna esploderà / Sarò lì a dirti che sbagli ti sbagli e lo sai / Qui non arriva la musica / Tanto lo so che tu non dormi dormi dormi dormi dormi mai / Che giri fanno due vite
Due vite.

2. Duemila minuti (Mara Sattei)

Io mi ricordo quando ritornavi a casa stanco / E sotterravi i tuoi problemi dentro fiumi d’alcool / E ogni volta mi dicevi che la colpa era la mia / Non ti importava di distruggere i nostri momenti / Lividi sopra il mio corpo erano solo i segni / Che quel male che ti porti non andrà più via / Pensavo di poter guardare le cose da un punto di vista diverso / Però il tuo riflesso non cambia / Non entri mai nel mio universo / Pensavo di poter usare la voce ma dentro di me ora la voce non c’è / Ed ho usato duemila minuti per capire che in fondo tu eri diverso / Cercassi nel buio le ombre / O l’aria nel mare blu intenso / Ho capito che non era amore ma soltanto un posto che avevi creato per me /
E dimmi se c’è stato amore tra quelle parole / E poi dammi duemila minuti anzi duemila ore / Tu che senza volerlo mi hai insegnato a respirare / Poi sei scappato ed hai rubato tutta la mia voce / Tutta la mia voce.

3. Cenere (Lazza)

Mi spegni le luci se solo tieni gli occhi chiusi / Mi rendi cieco / Ti penso con me per rialzarmi / Sto silenzio potrebbe ammazzarmi / Aiutami a sparire come cenere / Mi sento un nodo alla gola / Nel buio balli da sola / Spazzami via come cenere / Ti dirò cosa si prova / Tanto non vedevi l’ora / Ma verrai via con me / Ho visto un paio di inferni alla volta / So che vedermi così ti impressiona / Primo in classifica ma non mi importa / Mi sento l’ultimo come persona…

Mi sono poi lanciata un po’ oltre segnandomi quei brani che parlavano la lingua del festival, quelli che te li aspetti così e così sia. Orecchiabili, accettabili:

1. Parole dette male (Giorgia)

2. Terzo cuore (Leo Gassmann)

3. Due (Elodie)

In tutto questo un piccolo dispiacere legato a “Quando ti manca il respiro” di Gianluca Grignani, per quanto dolorose e sentite le liriche potevano essere raffinate un po’ meglio.

E quindi?

Niente di che, volevo dire la mia perché la musica è una delle gioie più grandi che ho e perché Sanremo mi ha vista crescere e io lo amo e lo odio al contempo.  Mi sono commossa della commozione di Gianni Morandi che omaggiava Lucio Dalla, ho riso alle battute di Fiorello, ho sorriso del bacio di Rosa Chemical a Fedez e del musetto della Ferragni sorpresa e gelosa e mi sono avvilita alla vista delle trovate sceniche dei sue abiti privi di eleganza. Davvero, si può trovare un modo per affermare “sentiti libera” anche senza mascherarsi così. No, non mi infastidisce l’esposizione della femminilità, lo spettacolare abito indossato splendidamente da Elodie mi ha incantata, perché davanti alla Bellezza un inchino è doveroso.

E prima della fine, prima della proclamazione del vincitore, ho spento la tv. Ne avevo abbastanza.

 

Su di un cerchio ogni punto d’inizio può anche essere un punto di fine.  (Eraclito)

 

E il dopo Sanremo?

No, non credo andrò a guardarmi i monologhi delle serate precedenti. Penso di avere di meglio da fare. Mi sono presa quel pezzo di Sanremo che ho potuto e voluto, il resto me lo lascerò scivolare via velocemente. Le polemiche mi stressano, le provocazione non mi provocano nulla e ho ancora rispetto per gli artisti che presentano una canzone che magari non canterebbero neppure sotto tortura se non fosse per Sanremo ( e rispetto supremo per orchestra e coristi che sono costretti a sorreggere certi brani che fanno ridere anche i polli). Amadeus? Ok, se è quello che passa il convento. Chiara Ferragni? Ok, evidentemente non la si poteva evitare. I superospiti? I Depeche Mode mi hanno resa più triste che altro (il tempo segna tutti). Ecco.

Per quanto riguarda Sanremo, ci sentiamo il prossimo anno e ne parliamo ancora.

 

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