Mi rendo conto che come titolo fa un po’ piangere i criteri della SEO, ma mi sono sempre beffata della SEO in questo blog. Già, sono una ribelle.

La questione che voglio affrontare oggi riguarda il peggio di quello che abbiamo visto fino a qui, che è tanto, è addirittura troppo. La scorsa settimana mi sono dilungata sulla convention dei democratici, per le elezioni presidenziali americane, specificando che non avrei parlato di quella repubblicana. No, non ho cambiato idea, ho però saputo di questa campagna contro Trump che trovo particolarmente gustosa.

Perché dice quel che c’è da dire.

Perché è rivolta a chi ha subito quel tipo di non-pensiero, non-filosofia, non-buonsenso e via di questo passo.

Perché si rifà a quel cinema che ha raccontato della fine del mondo mettendola in mano a una parte scellerata dell’umanità, quella che se ne fotte, quella che non crede in nulla se non nel sopruso e nella violenza, quella che non ha fantasia né bellezza né amore.

 

trump-campaign-remember-what-they-did

Trad. “Anche se il mondo andasse a puttane in un cestino, non perderei un centesimo” by Donald Trump

 

L’articolo in cui si parla della campagna “Remember What They Did” lo trovate su Collateral:

Il progetto artistico curato da Robin Bell, Scott Goodstein e Artists United for Change, un comitato di azione politica registrato presso la Commissione Federale per le Elezioni, trasforma le peggiori affermazioni di leader politici come il Senatore Lindsey Graham e il Presidente Donald Trump, in poster e oggetti con cui tappezzare le città.

Questo succede in America? Sì, ma potrebbe essere una buona idea anche per la Corea del Nord o la Cina, per l’Africa o il Brasile e pure da noi potrebbe risultare utile.

Ebbene, ho finito. Non aggiungo altro perché non serve. Vero?

 

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