Basta una pagina, basta una riga. A volte anche solo una parola, ed è fatta. So già a cosa vado incontro. Click. Sto parlando di lettura, che è una buona parte del mio mestiere (leggere), un’istantanea che rapidamente colpisce dove deve colpire e, se non lo fa, non funziona.

Immaginiamoci la lettura di un testo come un percorso che lo attraversa dritto superando tre linee (le aspettative) e che una volta superate ti portano alla soddisfazione (fai meta). Andiamo!

La prima linea da raggiungere e oltrepassare è la comprensione: quanto sto capendo di quello che c’è scritto?Chi scrive per autocompiacimento se ne frega, ma quello che scrivi deve essere compreso dal 100% dei lettori. Se non lo è, hai fallito.

La seconda linea è l’utilità: fosse anche farmi divertire o farmi commuovere, se è quello l’intento dichiarato (spavaldamente) e non ci riesci, hai fallito.

La terza linea è il segno che lasci: se leggo quello che hai scritto e me lo dimentico dopo qualche secondo… epic fail.

Basta soddisfare queste tre aspettative per essere un autore di valore? No. Queste sono soltanto le basi sulle quali costruire una narrazione decorosa. Il resto è la parte migliore.

Profondità, altezza, orizzonte.

Ritmo.

Sorpresa.

Quello che distribuisci tra le righe è quello che ti appartiene (autenticamente e – spesso – inconsapevolmente) e che con generosità condividi.

Provaci e vediamo quanto ti meriti il titolo a cui ambisci.

Bye Bye AI.

Click.

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