Prendi una decisione e vai fino in fondo. Succeda quello che deve succedere. Così sia.
Deve aver pensato questo Carlsberg quando si è giocata il tutto per tutto e ha dichiarato che non sono i migliori. Non più? O mai stati? Non è chiaro, ma quello che hanno costruito a livello di comunicazione è una piccola opera d’arte.
Siamo partiti da qui:
Ok, dichiaravano che “probabilmente” la loro era la birra migliore del mondo. Lecito. Ma rischioso. Però in comunicazione si fa, si enfatizza, si spinge l’acceleratore fino a toccare velocità assurde (a volte senza alcun senso) e con grande faccia tosta si affronta il mercato, che di per sé è spocchioso e millantatore. Quindi si gioca alla pari, beffandosi della realtà.
La storia racconta, però, che le vendite di Carlsberg negli ultimi anni abbiano subito un calo importante. Ora, non è che ci servono i dati precisi per crederci, diamo per scontato che il Brand si sia trovato in difficoltà. Vai al supermercato e ci sono mille marchi di birra che affollano gli scaffali, Carlsberg “probabilmente” non è riuscita a farsi troppo presente. Altre birre migliori del mondo si sono rivelate più furbe, accattivanti, forse davvero migliori. Va’ a saperlo.
Immagino il panico nella stanza dei bottoni di “Mr. Carlsberg”. E ora che si fa? Cosa ci possiamo inventare? In questi casi è buona abitudine guardare alla comunicazione come la Soluzione e quindi si alza la cornetta (o si chiede a Siri di chiamare) e si raduna il team dei creativi. Urge “una trovata pubblicitaria”. Vi suona?
Bene, li immagino a questo punto attorno a un tavolo per un brainstorming disperato che grattano giù dalle pareti dei rispettivi neuroni qualche idea che possa “spaccare”. Parliamoci chiaro: una bella sfida. Quando parti dichiarando che sei “probabilmente la miglior birra del mondo” e il mondo ti dà torto, non è che è facile recuperare terreno.
Dopo giorni e notti e notti e giorni di inutili brief e contro-brief, quasi vicini alla resa, si presenta il Mr. Carlsberg capo-dei-capi, che ascolta con il sopracciglio alzato le sfinenti provocazioni dei creativi, che sono a un passo dal prendersi per il collo e farsi fuori a vicenda, e fissa lo sguardo su quello che è stato l’abito del loro Brand fino a quel momento (verde/oro, minimal, onesto).
Si fa due conti, ormai si è arreso alla realtà e forse viene preso da una salutare botta di umiltà, oppure da un’illuminazione salvifica, perché decide di spingersi oltre. Basta un tocco, basta un po’ di coraggio (forse quello che nasce dalla disperazione, perché no?) e fa un passo avanti. Si sporge sulla scrivania per prendere uno dei pennarelli neri, quelli che quando li usi ti macchi i polpastrelli perché quella vernice non perdona. Una spada più che un pennarello. Nessuno si accorge di lui, del suo stato di trance inquietante, di come impugna la spada carica di vernice, di come si impossessa dell’immagine e di quello che ci traccia sopra…
“Probabilmente NON la migliore birra del mondo”.
Onesto.
Disarmante.
Inattaccabile.
Appoggia la spada sul tavolo. Questo gesto attira sì l’attenzione di tutti i presenti. Fissano il sorriso sfinito ma determinato del capo-dei-capi e appoggiano lo sguardo su quell’immagine verde/oro che è stato il loro incubo per giorni.
“Io userei un verde leggermente… direi un verde pisello… per quel NOT intendo”, azzarda l’Art che la sua la deve dire a ogni costo.
“Certo”, concede il capo-dei-capi.
Faccenda chiusa.
D’altro canto sono Danesi mica Italiani. Hanno dentro di loro quel senso del decoro che non li fa spettinare neppure dentro a una tempesta.
Respect.
Ora, questa campagna è stata utilizzata per lanciare la nuova Danish Pilsner, quindi l’effetto si rafforza ulteriormente, ma l’origine è semplice: coraggio e umiltà.
E no, non è andata così.
“Probabilmente”.
A leggerla bene viene il dubbio che sia più un’impennata di orgoglio di Brand piuttosto che presa di coscienza del proprio posto nel mondo, ma non è importante. La verità quando si tratta di marketing è sopravvalutata. Io, però, che racconto storie per mestiere amo perdermi dentro scenari immaginari e questa storia me la sono pensata così.
Prima o poi, proverò ‘sta New Danish Pilsner targata Carlsberg. Con onesta aspettativa.
Skål
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