Lo sguardo che abbiamo sposato da quando internet ci ha ravvicinato i confini fisici del mondo, tutto sembra più vicino di quello che avremmo mai potuto immaginare, ci ha fatto allargare la visuale. Per chi è osservatore questa possibilità è di certo entusiasmante e fonte di perpetuo stupore. Bellissimo.
Eppure…
Se ci dimentichiamo che visto dall’alto, persino dallo spazio interstellare, l’insieme è soltanto la risultanza di un punto di vista e certe complessità svaniscono all’occhio e alla mente umana, siamo in mezzo a un gap pericoloso. L’equivalente del punto cieco quando sei alla guida della tua auto. O ne tieni conto e giri la testa per accertarti che sulla strada in cui ti stai immettendo non stia arrivando una moto a 200 all’ora che ti finirà addosso, o son cazzi (per dirla in modo elegante).
Quello che io mi sono imposta di fare sempre, per deformazione professionale sì ma è cosa nata con me quindi sviluppata in modo pressocché inconsapevole, è di semplificare, andare sul piccolo piccolo anche piccolissimo per comprenderne la complessità.
Scrivo in questo modo. Osservo in questo modo. Penso in questo modo.
Ve ne siete accorti? Se non ve ne siete accorti, va benissimo. Se ve ne siete accorti, va benissimo.
(non era una domanda trabocchetto stile Profe-pronta-a-darvi-un-3)
Tutto quello che adesso nel mondo sta dando il peggio di sé (la lista è interminabile), ripreso dall’alto – forse – ti permette di filosofeggiare, politicare, religionare (permettetemi un guizzo poetico) ma è tutto frutto di un umano quanto maledetto modo per estraniarsi dall’argomento e mettere tra te e il fuoco la massima distanza possibile. Gesto schifoso. Ma il genere umano non brilla per dignità.
La condizione di nobiltà ontologica e morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a sé stesso. La d. piena e non graduabile di ogni essere umano (il suum di ciascuno), ossia il valore che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo e di esistere è ciò che qualifica la persona, individuo unico e irripetibile. Il valore dell’esistenza individuale è dunque l’autentico fondamento della d. umana.
La dignità è quella cosa che quando si è deciso di definirla è stata tradotta in concetti piuttosto discutibili perché molto molto molto alti, talmente alti da perderne pezzi per strada.
Se Tommaso d’Aquino era convinto che l’essere umano sia stato creato a immagine e somiglianza di Dio (maperlamordelcielo!!!!), Kant contava un po’ troppo sulla capacità dell’uomo di essere razionale e capace di vita morale (non più, Immanuel, non più).
Quindi, riportando il tutto a quelle che sono le righe là sopra (dall’Enciclopedia Treccani), quelle che avreste dovuto leggere con attenzione, possiamo semplicemente riportarci qui sulla terra, piantati per bene, e prendere in considerazione che la complessità dell’essere umano riportata al concetto di dignità dell’Essere Umano semplifica parecchio la questione.
Al di là di qualsiasi religione, al di là di qualsiasi visione politica, al di là di qualsiasi corrente filosofica: abbiamo perso il focus.
Il macro-click che oggi voglio fissare qui è questo:
Sotto il profilo giuridico-ordinamentale, emerge un riferimento alla d. della persona come titolarità organica di interessi intrinsecamente legati alla natura umana, ossia come riconoscimento di un diritto costitutivo e inviolabile corrispondente alla qualità di uomo in quanto tale, dal concepimento alla morte naturale. Nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 si legge che «l’unico e sufficiente titolo necessario per il riconoscimento della d. di un individuo è la sua partecipazione alla comune umanità». Il principio di uguaglianza e non discriminazione, fondato sul riconoscimento della pari d. ontologica di ciascun uomo, costituisce, infatti, il cardine della moderna civiltà giuridica e dello stato di diritto. Ogni persona, pertanto, è tutelata dal diritto in maniera diretta e immediata in virtù del valore autonomo e intrinseco della sua dignità. Per questo una società giusta può essere realizzata solo nel rispetto e nella promozione della d. di ogni persona, fine e valore in sé.
Non lo dico io, è scritto da chi ci ha pensato a lungo e lo ha fatto da una posizione super partes.
Il fatto che oggi la cosa sembra che non ci tocchi affatto è – dal mio punto di vista – incredibile. Perché focalizza tutta la nostra suprema idiozia. L’essere umano si sta fottendo con le proprie mani perché è completamente disinteressato al suo primo inalienabile diritto: la dignità.
E se appena appena ti interessa della tua dignità, in automatico diventa importante anche il rispetto della dignità degli altri che in quanto esseri viventi sono al tuo pari.
Pepe Mujica ha appena lasciato questa tormentata e tormentosa dimensione per raggiungerne una di certo migliore, non posso che essere felice per lui. Cosa certa è che oggi il genere umano è ben più povero di prima e che la sua mancanza già si sente:
I Nobel vanno assegnati agli scienziati, ai medici. In un mondo come il nostro, dove ci sono guerre da tutte le parti, assegnare il Nobel per la Pace è una presa in giro. Una burla. Noi usciremo dalla preistoria dell’umanità soltanto quando non ci saranno più armi ed eserciti.
Mi rendo conto che questo ragionamento possa portare attacchi di prurito sparsi, ma non sono in grado di parlare di cosa significa essere ora nella striscia di Gaza (perdonatemi ma non riguarda me in prima persona perché io non sono lì). Non sono neppure in grado di valutare quanto la dichiarazione di Papa Leone XIV riguardo la legittimità dell’unione omosessuale, perché non riguarda me in prima persona e perché non sono minimamente toccata da quello che la Chiesa pensa/dice/fa.
Posso, però, scrivere quello che sento e dire la mia in modo banale e semplicistico, come faccio sempre.
La dignità umana non è qualcosa che si toglie e si rimette, si sposta e si mistifica a seconda della comodità o dell’interesse di qualcuno, foss’anche un agglomerato di umani che perseguono una stramaledetta ideologia (religiosa, politica, economica, filosofica ecc.) che sotto la maschera nasconde il marcio.
E quando non la si considera, la dignità intendo, si uccide la vita. E la si può uccidere in talmente tanti modi diversi che non serve elencarli perché li conosciamo tutti e siamo sempre pronti a inventarcene di nuovi. L’immaginazione in questo campo non ci manca di certo.
Pertanto, andando di macro, zoommando nel piccolo piccolo piccolissimo della nostra anima… mi chiedo: come stiamo?
L’unica risposta che mi arriva, osservando ovunque e con estrema attenzione alle complessità che mi devastano la mente, è: male.
Stiamo male. Malissimo. Sempre peggio.
E, quindi, (Call To Action) cosa siamo disposti a fare per recuperare il nostro diritto alla dignità e stare meglio?
Al momento la mia risposta personalissima è: zoommare zoommare zoommare finché anche nella complessità si possa trovare un dettaglio su cui lavorare attivamente per sanarlo (Pepe Mujica ce lo ha insegnato non solo a parole ma con il fare di tutta una vita).
Questo lo posso fare, questo faccio, questo farò.
E non sono la sola, siamo in tanti a farlo. In silenzio ma senza sosta.
E non ce ne frega niente se il rumore sovrasta il nostro fare, restare qui celebrando ogni giorno la nostra dignità e la dignità di ogni essere vivente è la cosa giusta.
Non facile eppure semplicissima.
Nella immensa complessità in cui siamo immersi, è la cosa più semplice che possiamo fare. Ed è una cosa alla nostra portata che non possiamo delegare a nessuno. Mai. A nessuno.
Daje!