La filosofia del “un tanto al chilo” ci sta convincendo che basta fare, non serve fare al meglio o fare bene perché tanto non verrà apprezzato da nessuno. Tempo perso.

Epic fail.

Fare bene, fare al meglio, persino fare ottimamente ripaga sempre. Prima di tutto dell’impegno, della fatica, dello scrupolo, della cura che ci abbiamo messo (autogratificazione che fa miracoli all’amor proprio), e poi questo splendente senso di appagamento si trasferisce sul contesto umano che ne va a beneficiare in tutti i modi (anche quelli impensabili, quelli silenziosi, quelli che nessuno può o vuole dire).

La convinzione idiota che “ormai nessuno legge” è la bestia nera del mio lavoro, penso di averne già parlato e non voglio ripetermi troppo, la questione del “testo breve, più breve possibile” depotenzia non solo la capacità comunicativa ma anche la capacità creativa-imaginifica dell’essere umano che vive in un ambiente che lo nutre – ormai – con “spinte all’azione” (Compra ora / Vai alla pagina / Leggi di più / Clicca qui ecc).

In pratica veniamo pilotati da una disarmante segnaletica comportamentale. 

La mente umana ha bisogno di spiegazioni, dobbiamo capire il perché e anche il come delle cose. Se mi dai un ordine, e non attacco il cervello, vado di default ed eseguo. Se il mio cervello è sintonizzato sul presente e ricevo un ordine, molto molto molto probabilmente, ci penso su un istante prima di eseguire istintivamente. Più il tempo di riflessione si estende, più metto in dubbio la giustezza dell’ordine che mi è stato dato.

Lì scatta la libera scelta: eseguo oppure no.

La distrazione è pericolosa.

La superficialità è pericolosa.

La strafottenza è pericolosa.

La remissività è pericolosa.

L’ottusità è pericolosa.

L’ignoranza non necessariamente lo è, se parte da una mente curiosa, ricettiva, intelligente.

 

“Per favore prenditi la responsabilità per l’energia che porti dentro questo spazio.

Le tue parole contano. I tuoi comportamenti contano. I nostri pazienti e il nostro team contano.

Prenditi un respiro lungo e profondo e assicurati che la tua energia sia sotto controllo prima di entrare.

Grazie.” 

Chi smetterebbe di leggere questo testo una volta che c’è finito dentro? Chi potrebbe fingere di non aver capito dopo che è arrivato al “Grazie”?

Chi oserebbe affermare che questo testo è troppo lungo? Chi?

Leggere è un gesto naturale. Ci aspettiamo che la lettura (naturale, ma sempre faticosa perché ci obbliga alla concentrazione) ci porti qualcosa di utile, di interessante, di piacevole. Quando così non è sentiamo di essere stati gabbati, derubati del nostro tempo e della nostra energia.

La responsabilità di chi scrive è questa. Si prende il carico di non deludere le aspettative. Si fa garante nel soddisfare un dono che le è stato fatto e – spesso – in modo fintamente gratuito. La punizione per chi disattende le aspettative di un lettore è l’abbandono. Totale.

Chi fa il mio mestiere e lo fa senza sentirsi addosso questa responsabilità è un fake, uno che non lo fa bene, che lo fa un tanto al chilo e che non dovrebbe farlo… specialmente non può pretendere di essere pagato.

Un lavoro fatto bene, svolto al meglio, realizzato in modo soddisfacente è una cosa che il nostro cervello percepisce senza bisogno di sottotitoli o di spiegoni (il concetto di qualità insita nel nostro DNA, come scriveva Pirsig).

Dannazione!

Il fare “un tanto al chilo” ci sta portando alla rovina.

La nostra ottusità ci seppellirà.

Presto.

Dannazione!

 

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