C’è un segreto – ho scoperto – all’origine del sorriso. È la poesia. Se riesci a tenere viva questa fiammella dentro di te, nonostante tutto e tutti, saprai sorridere. Sorridere in modi diversi, sorridere anche con le lacrime agli occhi, sorridere anche a mezza bocca e con i pugni serrati. Sorridere.
L’ultima scena di “Perfect Days” è un’incredibile istante di vita, dove tutto quello che è Anima si mostra in frammenti di sorrisi diversi. Si mostra così, Mr. Hirayama, senza nascondimenti e nel suo limpido silenzio. Questo hanno saputo fare raccontando una storia che ha un prima mai svelato – soltanto accennato – e un dopo che si può forse solo ipotizzare, Wim Wenders e Takuma Takashi. La dolcezza ti trasporta attraversando la città vissuta con quello sguardo che non si perde nulla, quei respiri che si rendono intensi quando abbracciano il tutto.
Questo trascorrere di immagini accompagnate dal silenzio e dalle note di canzoni che sottolineano mentre raccontano altro, è la poesia di cui abbiamo ancora bisogno. Mr. Hirayama – con il viso perfetto di Kōji Yakusho – diventa eterno in soltanto poco più di due ore di scena.
Come fare di meglio? Non credo si possa fare.
Perfetto.
Così come dovrebbe essere.
Così come è.
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