(822) Sigillo

Il sigillo di garanzia, lo cerchiamo tutti vero? Quasi un’ossessione, vogliamo essere sicuri che quello che stiamo toccando, respirando, vivendo sia di qualità. Se ce lo mettono il sigillo ci rassicurano, come se noi non fossimo in grado di capire cos’è di qualità e cosa non lo è. Mr. Pirsig non ne sarebbe contento, lui che ci ha scritto un libro e s’era fatto anche un bel pensiero al riguardo (vedi: “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” – Adelphi).

Quindi lo cerchiamo e lo pretendiamo il sigillo, vogliamo spendere bene i nostri soldi. Giusto.

Quando si tratta, però, delle persone e della loro qualità ci lasciamo abbindolare dai lustrini, dalla forma, dal gioco di specchi di cui si fanno portatori. Basta che si sappiano vendere bene e noi mettiamo loro il sigillo. Ci facciamo beffare, ma piuttosto di ammetterlo siamo pronti ad andare contro i nostri valori, contro tutto quello in cui crediamo, preferiamo non veder crollare quell’illusione di qualità che abbiamo costruito loro intorno.

Dimentichiamo che così facendo il nostro sigillo di qualità – il nostro personale, quello che ci portiamo addosso – perde valore. Non è il nostro parere la debolezza da sostenere, ma il nostro nome. Possiamo cambiare idea, è lecito, è giusto e sacrosanto in certe condizioni. Non possiamo negare noi stessi soltanto per non aver trovato il coraggio di ammettere: “Mi sono sbagliato”.

“Mi sembravi una persona portatrice di un pensiero illuminato, di una condotta esemplare, di un’integrità ammirevole, ma mi sono sbagliato”. Non è che io sono un idiota per questo, l’idiota sei tu che vendendoti bene hai pensato che io me la bevessi per sempre. Sei un idiota perché hai sottovalutato la mia capacità di riconoscere la qualità di una persona e come t’ho dato il sigillo di garanzia ora sono pronto a togliertelo. Perché sei un bluff, perché sei un poveraccio pieno di niente che pensa di essere migliore degli altri. Perché non mi piaci più”. Liberatorio, vero?

Ok, credo che se ci sbarazzassimo di questo pudore nel dichiarare che ci siamo sbagliati e che ora abbiamo aperto gli occhi, il nostro presente potrebbe darsi una bella ripulita e potremmo andar fieri di noi stessi. Perché il nostro sigillo di qualità lo dobbiamo rendere meta ambita, non lo possiamo consegnare al primo che passa. Anche avesse un fottuto talento nel farsi splendido a comando.

Rendiamoci meta e non lacchè. Diamine!

 

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(638) Fragole

Mi piacciono tantissimo, ma proprio tanto. Mi piacciono così tanto che vado in cerca di quelle migliori: profumate, dolci, succose. Non sempre le trovo, anzi. Negli ultimi anni una volta su dieci, se va bene.

Questa situazione può essere presa benissimo come metafora per qualsiasi cosa che mi piaccia. Ricerco il meglio. Poi non lo trovo sempre, ovvio, ma miro al meglio che c’è. Tanto per intenderci: o mangio una pizza buona o non la mangio, o mi compro un paio di scarpe belle e comode o non me le compro proprio, o ho l’occasione di passare del tempo con persone che per me sono speciali oppure me ne resto da sola. Sono forse un’estremista nella ricerca forsennata della qualità? Sì, e Pirsig sarebbe fiero di me.

Gli escamotage che rendono light le cose che sono in realtà buonissime ma pesanti, li schifo. Piuttosto me ne privo, non è la fine del mondo, ma la Coca-Cola light non la voglio neppure vedere in fotografia. Vada retro.

Stessa cosa per le persone light. E lo so che se lo scrivo sembra ancora più brutto che a dirlo soltanto, ma è la verità. Sono una persona pessima, ma le persone con i neuroni light mi fanno salire la saudade. Non je la posso fa’.

La cosa peggiore? Più invecchio e più ‘sta cosa si radica in me. E non me ne frega niente. Se quand’ero giovane potevo avere un qualche dubbio o rimorso, se riuscivo ancora a valutare la versione sociopatica di me come un problema da risolvere, ora è tutto l’opposto. Ho una sola versione e la versione ribadisce il concetto: solo il meglio. E non è un problema. Un’aggravante che non lascia via di scampo. Lo so.

Fatto sta che il tempo non fa che mettere ancor più in evidenza quei tratti del mio carattere che cercavo di mimetizzare pensandoli orrendi. Mi viene da ridere, ora. Sono probabilmente diventata una persona orrenda e la trovo una cosa superdivertente. A saperlo prima!

Noi prendiamo una manciata di sabbia dal panorama infinito delle percezioni e la chiamiamo mondo.

(Robert M. Pirsig, “Lo Zen e l’Arte della manutenzione della motocicletta”)

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