(1098) MENTRE – la concentrazione

Mentre tenacia e entusiasmo sedato facevano il loro lavoro, io dovevo fare i conti con la signora concentrazione. Che è difficile da domare ed è ben più che difficile da motivare.

La stanchezza della giornata, la stanchezza per me stessa, la stanchezza per le cose da fare, la stanchezza pura e semplice. Insomma, la nemica della signora concentrazione, la signorina stanchezza, si palesava ogni volta che mi ci mettevo. Chiamavo a rapporto la signora concentrazione e la signorina stanchezza le saltava addosso come un’adolescente indiavolata intenzionata ad ucciderla.

Non me l’aspettavo. Sinceramente.

Avevo dato per scontato che due righe due, alla sera o alla mattina, fossero la cosa più naturale e indolore che potessi immaginare per me stessa. Lo faccio comunque sulla mia moleskine da quando avevo 15 anni, che sarà mai? Ebbene, il mio impegno veniva letto dalla signorina stanchezza come una tonnellata di cemento armato che andava a gettarsi su di lei, che già di carico ne aveva abbastanza, e non ci stava. Non ci stava proprio.

Quindi stai lì a convincerla che poi ne sarebbe stata sollevata, che anche se l’ora della collassata a letto sarebbe slittata di mezz’ora non sarebbe stata la fine del mondo, che un pensiero uno – se lasciava in pace la signora concentrazione – sarebbe uscito e sarebbe anche stato piacevole… niente. La signorina stanchezza vince su tutto. Eppure, la tenacia e l’entusiasmo testimoni della mia lotta sono sempre riusciti a intervenire in tempo e, supportando la signora concentrazione con cori da stadio, a farmi sviluppare il piccolo timido pensiero che lottava per farsi ascoltare. Sempre.

Una grande grande grande vittoria. 

Forse perché l’idea di non farlo anche solo saltando un post sarebbe stato un fallimento della mia sfida, e questa cosa più passava il tempo più mi era insopportabile. Non esiste che mollo, si va fino in fondo senza se e senza ma. Fu così che l’autodisciplina scese in campo dando man forte ai ***Giorni Così*** che riempivano piano piano questo blog e… sapete cos’è successo?

Nel mentre avevo iniziato a lavorare in un’agenzia di comunicazione, all’interno di un team che condivideva lo stesso open space. Ok, dopo decenni di lavoro solitario ritrovarmi a scrivere in mezzo al casino totale non è stato facile. Però, la mia capacità di domare le bizze della signora concentrazione anche in quel contesto si è amplificata a dismisura. Tutto il giorno la curavo affinché non mi abbandonasse nel bel mezzo della necessità, professionalmente parlando, e la sera le chiedevo un ulteriore sforzo nonostante la signorina stanchezza fosse pronta a ucciderla appena sbucava fuori.

O iniziavo a trattarla bene o non avevo scampo. Quindi mi ci sono messa d’impegno per imparare a curarmi di lei. Ho imparato. La signora concentrazione sa essere grata delle attenzioni che riceve, lo garantisco. Quindi è iniziato un nuovo periodo per noi, un training mica da ridere. I risultati ora li posso tenere in mano, una sicurezza impagabile.

Il mio esperimento era nato anche perché volevo provare a me stessa che quello che andavo ripetendo da anni fosse ancora vero anche per me: la scrittura è autoterapia. Ti insegna a esserci, a pensare meglio, a conoscere in profondità le tue emozioni, a sondare meglio l’origine dei tuoi sentimenti, a concentrarti sul tema e rendere comprensibile soltanto con le parole quello che forse neppure con una fotografia sarebbe facile fare, ad abbracciare gli alti e i bassi perché parte della stessa melodia – che sei tu – e a trovare in te risorse che non immaginavi di avere. 

Così è. E così è ancora per me, nonostante gli anni e nonostante l’evoluzione che la mia scrittura ha sperimentato nel tempo. Così è ancora e così sarà per sempre.

Sollievo e giubilo.

A conti fatti si stava formando una gran folla dentro la mia testa: l’entusiasmo, la tenacia, la signora concentrazione, la signorina stanchezza, l’autodisciplina, la consapevolezza… mi stavano per mancare le sedie a forza di aggiungere un posto a tavola. Eh, caro Johnny Dorelli, fai presto a cantare tu, ma la realtà dei fatti è che le sedie costano se vuoi stare comodo, altrimenti comprando all’Ikea inizi ad avere problemi di sciatica. Difatti sono messa male. Ma sorvoliamo.

Tante lezioni imparate, che si ricordano anche facilmente. E tutto questo grazie a un’idea ascoltata al volo e messa a terra subito per non farla fuggire via. 

Carpe Diem

Mentre…

 

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(676) Brugola

Sicuramente le istruzioni di montaggio Ikea non sono opera di una donna, mancano di senso pratico. Il fatto che manchino anche di proporzioni è un’aggravante, certo, ma la giustificazione è che sono svedesi e il loro senso dello spazio è decisamente diverso dal nostro – basta farsi un viaggio fin là per capirlo, paesaggio spettacolare con spazi enormi (cosa che qui manco riesci a sognarla).

Con questa premessa ora mi butto nel puro elogio del fai-da-te, che non mi entusiasma forse come dovrebbe, ma che in questi due giorni mi ha dato soddisfazioni.

Davanti a istruzioni fatte alla carlona, riuscire a montare – rigorosamente lavorando in coppia, come dalle istruzioni ti viene consigliato, pena di vederti sbriciolare irrimediabilmente il tuo lavoro in due secondi netti (crack – crack) – ben due scrivanie con sedia è una bella soddisfazione. Lasciamo stare i dettagli (tipo il tempo impiegato e i bestemmioni profusi) per non guastarci la festa, la consapevolezza di aver ritirato fuori dopo anni certe capacità manuali e – diciamolo – intellettive è un bel goal.

Cioè, lo sapevo che ce la potevo fare anche se eravamo due donne costernate davanti a viti, pezzi di legno senza nome, fogli con disegni ridicoli, ma il pensiero che fosse al di là delle nostre capacità non ci ha mai sfiorato. No, cari, non è presunzione, è tenacia con l’aggiunta di una certa fiducia nella precisione Ikea. Partivamo da un presupposto inamovibile: Ikea ti mette a disposizione i pezzi che ti serviranno – tutti – niente di più e niente di meno. A questo punto bisognava soltanto individuare i pezzi disegnati (ma mettici sopra un adesivo numerato, perdio!, ci vuole tanto?), e con la vite giusta, la brugola giusta, la pazienza giusta… procedere.

Mai dubitare, neppure dopo due ore di concentrazione, magari fatti una pausa, ma non dubitare altrimenti è la fine e devi chiamare qualcuno ad aiutarti e l’umiliazione sarebbe troppa. Nonostante il caldo di un agosto impietoso, nonostante la stanchezza, nonostante il nervosismo, nonostante tutto: sempre avanti.

E alla fine ce la fai. CE-LA-FAI. Non è che sei in procinto di costruire l’Empire State Building, non è che ci è voluto un genio per disegnare ‘ste scrivanie, non è che soltanto un montatore professionista potrebbe montarle. De che stamo a parla’? Ogni dubbio, ogni insicurezza lasciamola a dopo. Concentrazione e determinazione. Prima capisci come deve funzionare e poi esegui. Calma e gesso.

E alla fine ce l’abbiamo fatta.

Yeppa!

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