(739) Scappare

Scappare dai pensieri che non servono a niente, quelli che anche se sono giusti, anche se sono sacrosanti, sono ormai il passato e sono ormai solo zavorra. Non si mettono pezze a quel che è stato, non si riempiono le buche e non si cuciono gli strappi, ormai tutto è dato e tutto è fatto. Amen.

Scappare non significa che puoi dimenticartene, che sei un’altra te e che non sei ancora sofferente o incazzata. Significa soltanto concentrarsi su quello che stai facendo e su chi sei adesso. Perché quei pensieri boicottano il tuo ora e lo faranno per sempre se tu glielo permetti.

Scappare è uno scarto di lato, è un calcio che tiri per allontanare la palla avvelenata da te. Scappare non significa che chiudi gli occhi e tutto si cancella, non è un atto codardo per far finta di nulla, è proprio l’azione che ti salva la vita perché non c’è più niente per cui combattere.

Non si può rimurginare per sempre, ci si stanca anche. Quindi lasciamo stare chi insiste che dobbiamo andare fino in fondo e analizzare ogni dettaglio per accettarlo e per digerirlo. Fatelo voi. Non ho niente da digerire, è già andato tutto giù, voglio solo allontanarlo da me perché è dannoso per la mia salute. Non ho più conti in sospeso, ho solo il mio adesso e lo voglio leggero, lo voglio pulito, lo voglio addirittura splendente. Vi disturba? Spero abbiate cose ben più importanti da fare, magari scappare dalla vostra zavorra – che non sarebbe male, senza dovervi preoccupare di come mi gestisco i pensieri.

No, non ce l’ho con voi, sto solo dicendo quello che anche voi state pensando: basta con le menate, andiamo avanti. Vero? Allora rimettiamoci in movimento, qualsiasi sia stato il nostro ieri ormai non ci appartiene più. Il presente è ancora nostro, però, vediamo di ricordarcelo.

 

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(233) Zavorra

Mollare la zavorra dovrebbe essere l’imperativo. Appena t’accorgi che ce l’hai proprio attaccata al collo, zak! Mollala lì, all’istante.

Ok, per qualche strano motivo che ancora non ho capito, io ho la predisposizione ad affezionarmi spasmodicamente alla zavorra che, di volta in volta, mi si appende addosso. Ecco, valutando quanto io sia poco incline a mollarla (sia mai, ne sentirei troppo la mancanza) si dà il caso che la zavorra prenda spesso possesso di ogni mio sciagurato passo.

Ebbene: l’ho capita ‘sta cosa e ne farò tesoro.

Ora devo solo trovare una discarica abbastanza capiente dove poter depositare all’istante i miei primi quarant’anni di zavorra accumulato compulsivamente e caparbiamente. E poi via dal chiropratico.

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