(999) Imbarazzo

Stamattina parto da casa, check mentale per essere sicura di avere preso tutto, e arrivo in ufficio. Non ho le chiavi. Dove sono? A casa.

Non ci sono molti modi per dirlo: sono del tutto rincoglionita. 

Per quanto io riesca a fare mente locale, c’è sempre qualcosa che mi sfugge e non me la cavo sempre bene nel metterci le toppe. E ci sono volte, come oggi, dove mi guardo e provo imbarazzo per me stessa. Ma a cosa stavi pensando, Babs?! Non lo so, immagino a niente, o a tutto in contemporanea. Immagino che la mia testa prenda vie che non conosco e che non sempre mi rivela. Immagino che certi dettagli di solida realtà rimangano nascosti chissà dove perché troppo pesanti per portarmeli in giro e quindi li dimentico. Immagino.

Immaginare è la cosa che mi viene meglio. Imbarazzante.

Partire per andare a un concerto e lasciare i biglietti sulla scrivania, trovare le chiavi di casa in una borsa e perderle dopo neanche dieci minuti, uscire con l’ombrello e ritornare senza, rispondere gentilmente “sì, certo” e rendersi conto di non aver ascoltato la richiesta… cose così. Imbarazzante.

Ora, non credo che le cose miglioreranno nel tempo, al massimo andranno a peggiorare, ma forse mi posso consolare con tutte le cose che ricordo. Voglio dire ne ricordo molte di più di quelle che dimentico. Anche perché quelle che dimentico le ho oggettivamente dimenticate, quindi non fanno testo. Se dovessi fare una lista di tutte le cose che ricordo non mi basterebbero mille quaderni, che diavolo pretendo dalla mia mente?

Ecco, come riesco a sistemare le cose io – nell’indulgere con i miei vuoti – nessuno. 

Imbarazzante.

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(832) Elicottero

Il mio ufficio offre una bella vista dall’alto e, davanti a me, ogni mattina, ci sono tre edifici completamente diversi l’uno dall’altro dove mille uffici si illuminano minuto dopo minuto. Chi arriva presto, come me, chi un minuto prima delle nove, quando inizia “il lavoro”. In un certo qual senso, molto perverso, ci si sente parte di un’Umanità che ha un compito e che ogni mattina si presenta per affrontare la stessa situazione. Stoicamente. 

Mi soffermo spesso sul pensiero: quante persone sono felici facendo quello che fanno? Penso siano una minoranza, una fortunata minoranza. Quindi la possibilità che di fronte a me ci siano “colleghi” che anziché stare al lavoro vorrebbero scappare a Capo Verde per dimenticarsi di questo mondo è molto alta. 

In uno di questi edifici, il più alto (lo potrei definire una sorta di grattacielo nostrano), c’è una piattaforma per il decollo/atterraggio di elicotteri. Non so se sia mai stato usato, ma c’è. Questa cosa la trovo fantastica. Cioè, qualcuno ha pensato che ci potesse stare bene una cosa così là sopra. Qualcuno che, molto probabilmente, possiede un elicottero. E devo dirla tutta, piacerebbe averlo anche a me un elicottero. Mi piacerebbe proprio pilotarlo. 

Stamattina mi sarebbe piaciuto stare là sopra, salire sul mio ipotetico elicottero luccicante, azionare i comandi e sollevarmi per farmi un giro. No, non perché io non sia felice di fare quello che sto facendo, solo perché ogni tanto mi piacerebbe potermi sollevare e guardare le cose dall’alto. Credo che ricordarci che possiamo decidere di muoverci da dove siamo per scegliere un altro luogo dove stare meglio, dove stare bene, sia una pratica da non sottovalutare. Io l’ho fatto finché non ho trovato quello giusto (magari non per sempre, ma per ora sì). Non dico che non ci sia voluta una bella vagonata di caparbietà e determinazione, anche un pizzico di coraggio, ma era una cosa che mi dovevo. Giusto per non morire prima del tempo. E non lo deciderò io quel tempo, pertanto è meglio sfruttare quello che c’è a disposizione prima di iniziare a pentirsene.

No regrets. Always.

[Ok, è deciso, vi passo a prendere in pausa pranzo e ce ne andiamo al mare per una frittura di pesce… un’ora e siamo di nuovo in ufficio, promesso!]

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