(837) Complimenti

Quelli sinceri fanno bene. Mentre fai non pensi che stai facendo un capolavoro, vedi quello che non funziona, quello che non va, quello che dovresti fare meglio e ti senti sempre in debito. Non è mai perfetto. Neppure vicino alla perfezione. Ma manco per niente. Scoramento.

E anche se vengono da te e ti dicono “che figata!” tu dubiti, non tanto di loro (non di tutti, almeno) ma di te, sempre.

Poi c’è chi si sente genio e allora il discorso cade, non ci sono mai sufficienti complimenti e sviolinate in grado di riempire i containers del loro ego. Beati loro. Vivere da geni dev’essere fantastico. Specialmente se non lo sei, basta esserne convinti e il mondo si dispone per darti retta. Cosa può fare un buon carisma, neh?

Fatto sta che negli ultimi anni ho imparato a darmi una pacchetta sulla spalla ogni tanto e a farmi un complimento quando proprio la soddisfazione raggiunge il 70% del tutto. Una percentuale onorevole, il top per me. Un’altra cosa che ho iniziato a fare è stare più attenta riguardo a chi me li fa. Se sei un mezzo idiota, il tuo complimento scivola via tranquillo senza lasciare traccia. Se sei un pezzo di merda, il tuo complimento mi infastidisce (ma come? Sarò mica anch’io un pezzo di merda? Oppure pensa che io sia così stupida da crederci?). Soltanto se sei una persona a posto mi lascio toccare dalle tue parole. Potresti anche mentirmi soltanto per farmi contenta, ma lo faresti a fin di bene. Non la berrei, ma apprezzerei il tuo buoncuore. Se nelle tue parole c’è pure sincerità, allora mi commuovo. Funziono così.

Va da sé che funziono allo stesso modo anche per le critiche. Soltanto che quelle cattive le riconosco dopo molto molto molto tempo. Non catturo subito il veleno dell’intento, mi fermo sul concetto. Anni fa ricevetti una valutazione per un mio lavoro talmente ingiusta che pensai di averla anche inconsciamente rimbalzata. Non era così. Quel veleno m’era entrato nel cervelletto e si era posato lì rilasciando le tossine senza che io me ne accorgessi. Qualche giorno fa me ne sono accorta. Porca miseria.

Le critiche giuste me le lavoro per bene, ci sto attenta, mi fanno essere più scrupolosa, più severa con me stessa. Non dico che mi fanno felice, ma colpiscono la mia più grande ambizione: essere brava. Anzi, dannatamente brava. E siccome mi rendo conto di non esserlo abbastanza allora le critiche assennate mi spronano a fare meglio. Ne ho ricevute tantissime di questo tipo e hanno fatto tutte il loro porco effetto. Pure troppo, direi. Ma benvenga un po’ di sofferenza altrimenti che vita sarebbe? Eh.

Detto questo vorrei aggiungere un’altra piccola cosa: i complimenti che faccio a me stessa sono i miei preferiti. Mi trovo una persona assennata e piuttosto obiettiva, quindi non metto in dubbio la sincerità della mia esternazione. D’altro canto mi conosco da una vita e se fossi davvero un pezzo di merda mi sarei già gettata nel cassonetto da un bel po’.

Eh.

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(750) Barca

Durante la mia giornata le cose si ribaltano ogni mezz’ora. Come stare in barca, praticamente. Ci sono momenti in cui vorrei urlare “fatemi scendere subito!”, ma mi rendo conto che scendere se ti trovi in mezzo all’oceano non è proprio un’idea brillante. Ecco, io sto in mezzo all’oceano (tanto per rendere il quadro della situazione), quindi di scendere non se ne parla, l’unica cosa che posso fare è imparare a mantenere più che posso l’equilibrio. Questo posso e questo cerco di fare.

E se è pur vero che “finché la barca va, tu lasciala andare”, è anche vero che se la barca la lasci andare e basta – cioé di lei te ne freghi – non puoi neppure pretendere che ti porti dove vuoi tu. Quindi bisogna se non remare per lo meno approfittare del vento più che si può. Questo posso e questo faccio.

Non è che so sempre dove voglio andare, ma mi sono sempre imposta una meta perché girare a vuoto mi rende nervosa. Non pretendo di domare il Destino, ma voglio comunque dire la mia anche se per la maggior parte del tempo vengo bellamente ignorata. A volte essere ignorati è una benedizione, puoi farti i cavoli tuoi senza che nessuno ci metta il naso perché a nessuno frega niente di quello che stai facendo. Se diventa la norma, però, ti rende alieno nella tua terra e una o due domande bisogna pur farsele.

Si è notato che stasera non so bene dove voglio andare a parare con questo post? Bene, è la prova che andare così a naso può farti girare in tondo e se la testa ti gira una buona ragione c’è. Sono comunque partita da una parola, barca, e tutto sommato di barche so ben poco, conosco soltanto la mia ma forse la mia è, in fondo, un po’ come quella di tutti. Tutte le barche hanno un paio di funzioni da assolvere, restare a galla e trasportare qualcuno – spesso con qualcosa, tutte hanno una prua e una poppa, tutte si nutrono di acqua e vento, tutte sognano oceani blu e cieli azzurri spazzati di fresco. In fin dei conti cosa c’è da sapere di una barca se non questo? Il resto son dettagli.

Esattamente come ogni Essere Umano.

 

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