(1029) Corda

Mi rendo conto che sto tirando troppo la corda e che le mie sinapsi e il mio corpo dolorante si stanno ribellando. Ma io continuo imperterrita a impormi di fare i salti mortali perché penso che non ci sia altra scelta.

Ovvio che il mondo non cade se mi fermo io. Ma quello che sto facendo mi impone di continuare perché se mollo crolla tutto. Tutta la mia vita intendo. Questa condizione non mi rende infelice, ma perennemente stanca. Tirare la corda stanca.

Partendo da qui va anche detto che non sto lavorando in miniera per cui non sono di certo io la più stanca zombie che si aggira sulla Terra, ma ognuno sente il suo perciò dichiararmi sfinita non mi pare brutto. Direi piuttosto doveroso. Cambia qualcosa? No, ma lo dico lo stesso.

Allargando il discorso, vorrei soffermarmi sul pensiero che ci sono nel mondo, e sono tantissime, persone che di gran lunga hanno più diritto di me di dichiararsi sfinite, e che queste persone sono costrette a tirare la corda e impiegare ogni grammo di energia residua per portare a termine le proprie giornate. E poi ci si ammala, e poi si sbrocca, e poi succedono casini inenarrabili.

Tirare la corda lo si fa per inerzia, senza pensare di essere arrivati agli sgoccioli, si sottovaluta la propria situazione e ci si convince che quel fantomatico ancora-un-po’ non ci ammazzerà. Siamo fatti così.

Il punto è che Iron Man se lo può pure permettere, noi umani-normo-dotati no. Quindi? Quindi fermarsi mezzo metro dal burrone potrebbe non essere sufficiente, bisogna bloccarsi un paio di km prima almeno.

Lo dico a me e lo dico a chiunque passi di qui a leggere queste righe: bisogna fermarsi quando il burrone non è ancora visibile. Tanto lo sappiamo che c’è, dobbiamo tenerne conto in modo da salutarlo da lontano senza finirci dentro.

Quindi… abbiate cura di voi, ovunque voi siate, sempre.

Buonanotte Folks.

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(736) Zucca

Non nascondo – sia mai – che certe volte mi mancano i titoli dei post. Gli argomenti arrivano, ma i titoli devono essere sintetizzati in una sola parola e, soprattutto, non posso ripeterli. Ve ne siete accorti? Sembra facile, ma dopo due anni smette di esserlo e diventa una sfida a tutti gli effetti. Quindi girano sul web ho trovato questa immagine caruccia che raffigura zucche gialle-arancio e l’ho trovata decisamente bella. Da lì a decidere che la potevo utilizzare per uno dei miei post è passato mezzo nanosecondo. Da lì a trovare il titolo altro mezzo nanosecondo (usando zero fantasia, ovviamente). Da lì a decidere cosa diavolo avrei potuto dire riguardo le zucche… ebbé… ci sto mettendo più del previsto. 

Le zucche – in generale – mi piacciono, sia da guardare che da mangiare (in diverse ricette), le trovo piuttosto dignitose nel loro mostrarsi e offrirsi a noi, trovo pertanto inaccettabile lo scempio che ne viene fatto ad Halloween. Ok, mi è stato fatto presente che quel tipo di zucche non si mangiano, va bene. Non le mangiamo noi, ma magari vengono mangiate da altri Esseri Viventi, no? Comunque sia, prendere una zucca e ritagliarla non mi pare giusto. 

Sorprendente come un pensiero inutile come questo possa sgorgare limpido dalla tastiera quando ti trovi in una situazione di scrittura obbligata. Sorprendente come io abbia trovato il coraggio di scriverlo e come io abbia il coraggio di ritenerlo meritevole di pubblicazione. Sorprendente come io adesso troverò il modo di renderlo comunque utile… siete curiosi?

Eccomi al punto: non sai mai cosa il tuo cervello è capace di fare se non lo metti un po’ sotto stress obbligandolo a fare. Puoi pensare in un miliardo di direzioni diverse, ma ricavarne un niente infiocchettato da belle giustificazioni. Invece, quando gli si impone una sola via da percorrere, è obbligato a inventarsi qualcosa. Qualcosa di stupido, forse, ma è pur sempre qualcosa. Se si aspetta di concentrarsi su qualcosa di veramente intelligente si finisce con l’aspettare per sempre. Non c’è nessuna garanzia che il pensiero intelligente arriverà, prima o poi, o che sia proprio quello su cui ci stiamo focalizzando – magari nel concreto diventerà una abnorme idiozia. Non lo possiamo sapere finché non lo concretizziamo, e di lì si deve passare che lo vogliamo o meno. Quindi: pensare blandamente in loop senza costringersi in qualche modo a quagliare è e rimarrà sempre un’enorme perdita di tempo e di energie. A forza di pensare e basta la vita passa e basta. Tirare fuori dalle zucche anche soltanto cinque righe è meglio che pensare alle zucche senza tirarne fuori nulla. 

Così si scrive: provando, azzardando, buttando nel cestino. A volte va bene quello che esce, altre no neppure se le riscrivi 1000 volte. Ma scrivere non è un divertimento, è un impegno. Divertente per alcuni – per me lo è – ma pur sempre un impegno. 

Evviva le zucche!!!

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(534) Moleskine

Oltre una cinquantina, chissà quante mila-pagine ho scritto in questi ultimi vent’anni. Chissà. Sono la mia memoria, per quando memoria non avrò più. Me l’immagino così la fine della mia vecchiaia: a leggere le pagine della mia vita a ritroso, finché mi cadranno gli occhi e mi si spegnerà il cuore.

La penna a volte corre, altre è trascinata con stanchezza. A volte la calligrafia è impeccabile, altre illeggibile. A volte i caratteri sono grandi e urlati, altre sono piccoli e deboli – come se volessero scomparire. A volte la punta della penna è grossa, altre sottile. L’inchiostro, però, è sempre nero. Il viola lo uso con parsimonia, quando sono felice, nei titoli.

Ne ho provate diverse: con la copertina morbida o rigida, a righe o a quadretti o con pagine bianche (le mie preferite), dimensione mini o classic o extra-large. La mia preferita è la Classic, copertina nera rigida, pagine bianche o a righe. Bianche per la libertà, a righe per l’equilibrio che spesso manca nella mia penna e nei miei pensieri.

A volte ho provato altri quaderni, ma non è lo stesso – chissà perché. Ritorno sempre a lei perché è come se mi conoscesse meglio, come se a nuova Moleskine non ci fosse bisogno di fare le presentazioni. Soltanto un “rieccomi qua”, poi sguardo sulla pagina e penna a tracciare linee d’inchiostro simili ai pensieri. Niente di più e niente di meno.

Moleskine dopo Moleskine la mia vita si compie. Strano, ma vero. Più reale delle ore che scappano via e di tutto questo via-vai che non trova pace e – temo – non trovi neppure un senso che sia stabile e che sia sicuro rifugio.

Mah.

 

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