(1028) Bivacco

Mai avuto la sensazione  che la vostra vita sia un bivacco? In procinto di ripartire, di traslocare, di andare altrove? Di vivere come se non apparteneste a quel luogo, ma esservi fermati in una tappa lì nel mezzo del cammin di nostra vita perché la notte vi ha sorpreso durante il viaggio… insomma, qualcosa del genere. Mai?

Ecco, non è concettualmente una cosa brutta, ma in certi giorni la realtà può schiacciarti al suolo e di ripartire hai proprio zero voglia. Eppure, devi farlo. Raccogli le tue poche cose e ti incammini di nuovo sul sentiero che ti porterà altrove. Dove? Boh. Altrove.

Che nella pratica, è bene sottolinearlo, non significa che cambi vita, che cambi casa o lavoro o fidanzato o testa. No. Tutto rimane lo stesso. Questo è lo scollamente che provoca la sottile devastazione intima che ti accompagna. Il paradosso letale.

Va bene, so che di ogni cosa so farne un dramma e – comunque – non mi prendo così sul serio come sembra, ma questa cosa qui, questo bivaccare in procinto di spostarsi, è veramente logorante. E le frasi di consolazione tipo “nulla è per sempre”, non è che sollevano il morale, ti fanno piombare in un baratro di cinismo alla Jessica Jones (che tutti i torti non ha, po’ra stela).

La vita non è mai troppo chiara, neppure quando ti dà segnali forti che sembrano inequivocabili tu sai che parla per metafore, e io con le figure retoriche non sono bravissima, me le confondo, e soprattutto mi confermo un’incapace davanti ai rebus, alle sciarade e agli anagrammi… un’ebete totale. Quindi – va da sé – riuscire a capire cosa diavolo significhi davvero questo bivacco di vita in cui sono intrappolata diventa abbastanza faticoso.

Ok, capire è forse un verbo sopravvalutato – se riguarda me in primis – ma qualcosa vorrà pur dire, qualcosa sotto c’è di sicuro. 

Ah, già… è martedì. Questo spiega tutto.

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(820) Mira

Tirare a casaccio non funziona, bisogna prendere la mira. Spesso sottovalutiamo questo dettaglio, a meno che non siamo praticanti di tiro con l’arco o appassionati di bowling o di sport o di altre pratiche che t’impongono di farci attenzione. Prendere la mira non è un dettaglio, è IL dettaglio che può decretare la vittoria.

Mettendo in pratica l’assunto qui sopra, proviamo a immaginarci cosa può succedere se desideriamo trovare un lavoro, un lavoro qualsiasi. Cosa diavolo può capire l’universo di questo nostro desiderio? Un lavoro qualsiasi. Dall’arrotino all’uomosandwich, va tutto bene. Davvero andrebbe bene tutto? Nove volte su dieci no. No, non va bene qualsiasi lavoro, va bene il lavoro dove: sono trattato con rispetto, dove vengo pagato il giusto, dove oltre che la fatica mi posso godere anche qualche gratificazione. Giusto? Ok, già con questa breve sinossi posso dichiarare che sto mettendo a fuoco l’obiettivo, sto prendendo la mira.

Volere un fidanzato o una fidanzata non significa nulla. Volere un fidanzato/a che sia alto/biondo/con gli occhi azzurri è già un’indicazione. Io, personalmente, ci andrei bella carica con la descrizione perché se ti dimentichi qualcosa di importante poi son cavoli amari. Se desideri devi desiderare al top, non ti puoi accontentare di uno scarto. Devi prendere bene la mira, insomma.

Dopo questi due esempi demenziali, spero di essermi spiegata per bene: prendere la mira è indispensabile. Non solo: allenarsi a centrare il bersaglio è la pratica a cui non ci si può sottrarre. Inoltre: anche se non becchi il centro, anche se non ottiene il punteggio massimo, anche se non ti conquisti il top… bé, ci sarai andato vicino e credo che già questo potrebbe essere una buona cosa. D’altro canto se vuoi il top devi poter garantire di essere il top e lo stress annesso e connesso dove lo metti? Naaaaaaaaaaaaaaaaa. Restiamo in quota, sogniamo con dignità una vita alla nostra altezza, potremo sempre guardare il sole e farci baciare dai suoi raggi senza invidia soltanto con sincera ammirazione. No?

Ok, allora prendiamo bene la mira… e buona fortuna!

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