Destinate fin da piccole a confrontarci con queste creature che non parlano, non pensano, non fanno nulla se non glielo fai fare tu, che sono pressocché perfette di fattezze e che restano così per sempre. Siamo messe bene, no?
E poi le rivoluzioni sessuali, le rivoluzioni sociali, le rivoluzioni che ci hanno viste in prima linea per accapparrarci diritti che erano già nostri ma che nessun uomo si sarebbe mai sognato di concederci.
E poi, ora, di nuovo bambole. Che se pensano, parlano, e fanno cose che magari non ti aspetti, non vanno bene. Non vengono prese sul serio, vengono trattate con malcelato fastidio. Bambole che dovrebbero essere perfette e non lo sono. Dovrebbero stare lì dove le hai messe e non ci stanno. Noi donne. Tutte.
E non ti sembra sia vero finché non ne paghi le conseguenze, e tutte le donne prima o poi le conseguenze le pagano. In quel momento ti svegli e inizi ad avere paura di pensare, di dire, di fare. Finché non ti stanchi di aver paura e magari inizi a pensare meglio, a dire di più, a fare senza bisogno di chiedere il permesso a nessuno.
Gli sbagli, i sensi di colpa, il ricominciare ostinato, il risbagliare ostinato, la costante domanda: non era meglio rimanere una bambola?
L’unica risposta possibile: no.
Mai.
M
A
I