Non nascondo – sia mai – che certe volte mi mancano i titoli dei post. Gli argomenti arrivano, ma i titoli devono essere sintetizzati in una sola parola e, soprattutto, non posso ripeterli. Ve ne siete accorti? Sembra facile, ma dopo due anni smette di esserlo e diventa una sfida a tutti gli effetti. Quindi girano sul web ho trovato questa immagine caruccia che raffigura zucche gialle-arancio e l’ho trovata decisamente bella. Da lì a decidere che la potevo utilizzare per uno dei miei post è passato mezzo nanosecondo. Da lì a trovare il titolo altro mezzo nanosecondo (usando zero fantasia, ovviamente). Da lì a decidere cosa diavolo avrei potuto dire riguardo le zucche… ebbé… ci sto mettendo più del previsto.
Le zucche – in generale – mi piacciono, sia da guardare che da mangiare (in diverse ricette), le trovo piuttosto dignitose nel loro mostrarsi e offrirsi a noi, trovo pertanto inaccettabile lo scempio che ne viene fatto ad Halloween. Ok, mi è stato fatto presente che quel tipo di zucche non si mangiano, va bene. Non le mangiamo noi, ma magari vengono mangiate da altri Esseri Viventi, no? Comunque sia, prendere una zucca e ritagliarla non mi pare giusto.
Sorprendente come un pensiero inutile come questo possa sgorgare limpido dalla tastiera quando ti trovi in una situazione di scrittura obbligata. Sorprendente come io abbia trovato il coraggio di scriverlo e come io abbia il coraggio di ritenerlo meritevole di pubblicazione. Sorprendente come io adesso troverò il modo di renderlo comunque utile… siete curiosi?
Eccomi al punto: non sai mai cosa il tuo cervello è capace di fare se non lo metti un po’ sotto stress obbligandolo a fare. Puoi pensare in un miliardo di direzioni diverse, ma ricavarne un niente infiocchettato da belle giustificazioni. Invece, quando gli si impone una sola via da percorrere, è obbligato a inventarsi qualcosa. Qualcosa di stupido, forse, ma è pur sempre qualcosa. Se si aspetta di concentrarsi su qualcosa di veramente intelligente si finisce con l’aspettare per sempre. Non c’è nessuna garanzia che il pensiero intelligente arriverà, prima o poi, o che sia proprio quello su cui ci stiamo focalizzando – magari nel concreto diventerà una abnorme idiozia. Non lo possiamo sapere finché non lo concretizziamo, e di lì si deve passare che lo vogliamo o meno. Quindi: pensare blandamente in loop senza costringersi in qualche modo a quagliare è e rimarrà sempre un’enorme perdita di tempo e di energie. A forza di pensare e basta la vita passa e basta. Tirare fuori dalle zucche anche soltanto cinque righe è meglio che pensare alle zucche senza tirarne fuori nulla.
Così si scrive: provando, azzardando, buttando nel cestino. A volte va bene quello che esce, altre no neppure se le riscrivi 1000 volte. Ma scrivere non è un divertimento, è un impegno. Divertente per alcuni – per me lo è – ma pur sempre un impegno.
Evviva le zucche!!!