Ci sono parole che pungono, altre che accarezzano. Ci sono modi, toni, che scuotono, altri che rassicurano. Ci sono voci che assaltano, altre che accompagnano. Dipende dalle intenzioni, dal sentimento che traghettano, dalla persona da cui scaturiscono.
Certe parole in bocca a un estraneo neppure le senti. Se escono da chi ami è tutta un’altra storia.
Quando sappiamo che colpire il quel punto provocherà dolore e decidiamo di colpire comunque, siamo imperdonabili. Sarebbe obbligatorio scusarci, spesso non ne abbiamo il coraggio. Ci vuole una bella tempra per chiedere scusa e sentire davvero la vergogna di aver ferito qualcuno volontariamente.
Quanto riusciamo a perdonarci soltanto perché abbiamo imparato l’arte dell’autogiustificazione? Non ci giudichiamo mai crudeli, siamo sempre stati portati a dare quella fatale stilettata per un motivo o per l’altro. Inevitabilmente abbiamo dovuto reagire così. Inevitabilmente è andato a buon fine il colpo che abbiamo tirato. Doveva andare così.
Ti ho fatto male? Pazienza, la prossima volta evita di portarmi fin lì. Fermati prima.
Ci deresponsabilizziamo volentieri. E andiamo avanti. I danni che ci lasciamo alle spalle non ci riguardano: brandelli di fiducia e risentimenti sparsi ci sembrano poco importanti.
Finché un giorno toccherà a noi raccoglierli e non sarà un bel giorno. Ma pazienza, bastava fermarsi un po’ prima e non l’abbiamo fatto.
Pazienza.