(1062) Birra

Diamo per scontato che ci sono giornate e giornate. Una diversa dall’altra, per fortuna e purtroppo. Diamo anche per scontato che a volte, dico a volte, si è di buon umore e ben disposti nei confronti di tutto l’Umano possibile e altre no. Diamo per scontato che in quelle no ci sono delle differenze: si può essere leggermente intolleranti, discretamente intolleranti, decisamente intolleranti, pesantemente intolleranti, bestie-sterminatrici-all’attacco (l’ultimo stadio).

Perché l’Essere Umano (in generale) contiene moltitudini (cit. Walt Withman) e alcuni contengono abissi che se vai lì a stuzzicare può succedere il finimondo.

Ecco, io sono nella norma, se mi arrabbio davvero al massimo impreco come un contadino friulano dopo una grandinata che gli ha rovinato la vigna. Finisce lì. Sì, non dimentico (sono pur sempre friulana), ma ci passo sopra il più delle volte. Col tempo posso anche far finta di niente.

Aiuta, però, sapere che in frigo c’è una birra.

La sbronza no, quella lascia strascichi brutti e peggiorare la situazione è idiota, ma una birra fresca – una Guinness ovviamente – che ti fa piombare il malumore ai piedi mentre deglutisci e senti l’amaro in bocca che si mescola con la tostatura irlandese, sì. Ci vuole. Perché pensi meglio, diventi anche più lungimirante. Proietti il maltorto in un tempo così lontano che già ti vedi oltre: oltre tutto quello che si può oltrepassare e che ormai non ti tange più.

Ci sono molti modi di affrontare le giornate, sapere che se tutto va in malora tu puoi contare su qualcuno che ti fa calare il sangue caldo che hai alla testa e ti fa i piedi un po’ più pesanti (conviene avere o divano o letto vicini) è sempre un bel sollievo. No, non è che oggi è andata così male, era tanto per dire. Mi sembrava giusto scriverlo per ricordarmelo e l’ho fatto. Meglio prepararsi al peggio sperando il meglio che essere presi di sorpresa e tirare giù il firmamento con le imprecazioni, giusto?

Cheers.

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(689) Sete

Si dice “avere sete di sapere”. Non fame, sete. Il sapere disseta. Non sfama, disseta. Una bibita ghiacciata, una schiumosa birra, un vinello frizzante? No, acqua. Ecco, il sapere è come l’acqua. Indispensabile alla sopravvivenza. Si muore prima di sete che di fame, dicono. Non ho motivo di dubitarne.

Stavo pensando a questo oggi, mentre mi toglievo la sete pagina dopo pagina di un libro iniziato da poche ore e quasi terminato. L’unico modo in cui riesco davvero a godermi una lettura: inizio e tutto un tiro fino alla fine nel più breve tempo possibile. Così non dimentico nulla, non mi perdo alcun passaggio. Semplice e un po’ faticoso, ma funzionale.

Detto questo, mi rendo conto che la mia sete di sapere mi fa accumulare litri e litri di pagine e faccio fatica a starci dentro. Eppure non demordo. Sono sempre convinta che quello che sai nessuno te lo può più togliere e che più sai e più sei attrezzato per affrontare quel che la vita ha in serbo per te. Forse sono solo un’illusa, ci sono state situazioni in cui quello che sapevo non mi è servito a un tubo di niente, ma piuttosto di navigare nell’ignoranza più torbida preferisco una quasi limpida conoscenza di argomenti random. Per la serie va’-dove-ti-porta-la-curiosità. Male che vada, poni che non ti serve a nulla, almeno hai trascorso qualche ora piacevole dentro universi interessanti.

Non mi voglio raccontare di essere una che sa, ma una che vorrebbe sempre sapere un po’ di più sì. Questa è la verità. La cosa più sorprendente è che più approfondisco il mio modesto sapere e meno mi vien voglia di parlare di cose che non conosco bene. Le questioni sono sempre più complicate di quel che sembrano e appena te ne accorgi ti rendi anche conto che farti un’idea del mondo non è cosa subitanea, ci metti un po’ ed è sacrosanto che sia così.

Parlare solo di quello che so può essere abbastanza? Bé, se non lo è allora significa che dovrò cercare di saperne di più. Semplice, no?

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