(1042) Stordimento

Sarà la stanchezza, ma non riesco a uscirne. Mi sento come se la testa fosse imbottigliata e la bottiglia fosse stata lasciata al sole per tutto il giorno. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.

Sfogliando sul web in cerca di un’immagine che potesse accompagnare questo post, ma senza la benché minima idea di quello che ci avrei scritto qui dentro, mi sono imbattuta in questa: alghe verdissime e bacchette. Il pensiero è stato: sushi! Ma è fuori discussione al momento. E ora la mia testa continua a urlarmi sushi! sushi! sushi! e questa è ora la mia sola certezza.

[lo so, questo post sta diventando alquanto assurdo]

Però. Questo episodio che è per niente raro nei miei ***Giorni Così*** testimonia quanto io bazzichi la crazy-zone naturalmente. Apro il blog e scrivo. Nove volte su dieci senza sapere cosa andrò a scrivere. Un lusso che mi sono concessa, forse, per troppo tempo e che prima o poi dovrà pur finire (tranquilli, finirà presto).

Le immagini che scelgo di volta in volta hanno valenza diversa: o sottolineano il contenuto del post o si scollano totalmente dal contenuto del post o ci hanno a che fare in modo non troppo ovvio. A volte vengo ispirata dalle immagini, altre volte divento scema a trovare proprio quella che ritengo più opportuna per quello che ho appena scritto. Sì, non mi sono fatta mancare nulla in questi tre anni… la crazy-zone è casa mia.

Oggi va che la foto mi piaceva, la testa mi urla sushi! sushi! e io ho dovuto accondiscendere a una situazione surreale. Scrivo nello stordimento totale pensando pure di tenere ogni riga che mi esce dalla tastiera senza scusarmi con chi passerà di qui a leggere. Sarei perseguibile per Legge, me ne rendo conto, ma finché non mi prendono persevererò nel mio oscuro intento.

Comunque, al grido di sushi-per-tutti! ora me ne vado a letto.

さようなら  [Sayōnara]

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(944) Bacchette

Sì, quelle che usano gli orientali per mangiare. Un’arte di cui bisognerebbe appropriarsi perché porta in sé un sacco di cose buone. La lentezza, per esempio, e giusta quantità, concetti che con le nostre forchette si vanno a perdere sistematicamente. Quindi, ribadisco, noi occidentali dovremmo allenarci a usare le bacchette.

All’inizio c’è la curiosità: come diavolo le devo impugnare?

Questo ti impegna per un po’ perché devi trovare il tuo modo comodo ed efficace per tenerle in mano e farne qualcosa di utile. Tipo mangiare.

Poi c’è il dubbio: come diavolo devo afferrare il cibo senza farlo scappare via?

Qui si tratta proprio di training alla Karate Kid (dai la cera/togli la cera) perché se non provi non puoi capire quanto il cibo che vuoi ingurgitare sia in realtà refrattario alla tua intenzione. Alla prima distrazione sparisce.

Se riesci a venirne a capo (non importa in quanto tempo, non perderti d’animo su!), allora arriva la soddisfazione di riuscire a farti entrare in bocca senza usare le mani dei medi/piccoli pezzi di cibo, e per la fatica disumana che hai fatto ti prendi tutto il tempo che serve per masticarli e sentirne il sapore.

Bingo: il concetto di lentezza è finalmente tuo.

Non te ne sei neppure reso conto, nel frattempo, che se prendi pezzi troppo grandi devi tagliarli coi denti e perdi concentrazione e il resto ti sfugge e che se raccogli un chicco di riso o di mais per volta ti ritrovi solo al tavolo perché la gente c’ha una sua vita e non la vuole sprecare guardando te che ti nutri. Non te ne sei reso conto, ma dentro di te cade, come una pietra fondante, la consapevolezza che se non raccogli il pezzo della giusta dimensione e nella quantità giusta sarai travolto da conseguenze snervanti che ti faranno diventare una brutta brutta brutta persona.

Bingobis: ora sai che il troppo e il troppo poco non vanno bene e che la ricerca della giusta quantità è lo scopo della vita. Di qualsiasi vita.

Le bacchette sono Maestre in questo: insegnano mentre sei impegnato a nutrirti e quindi non sei più concentrato su quello che pensi ma su quello che fai per sopravvivere. Se qualcuno ha nascosto tutte le forchette che c’erano in giro. Ovviamente.

 

 

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