(548) Esposizione

Mettermi in esposizione non è che mi entusiasmi, l’ho fatto e lo faccio se non ne posso fare a meno – per una serie di circostanze. Significa che preferisco stare per i fatti miei, al riparo, così posso essere chi sono senza paranoie.

No, espormi per le cose in cui credo non è mai un’opzione perché la faccia e il nome ce li metto in tutto. Senza paura o timidezze. Essere esposta, invece, agli umori e paturnie degli altri mi rende nervosa, talmente nervosa a volte che faccio e dico cose che sono più una provocazione per vedere dove si andrà a parare che altro. Non ci posso fare nulla, se sento puzza di bruciato voglio scoprire che cosa sta bruciando. Esporre il mio punto di vista, le mie riflessioni, le mie idee è qualcosa che ho imparato a fare e che spero riuscirò a fare sempre meglio. Ci sto lavorando.

In effetti, esposizione non è un termine brutto, diventa pessimo quando viene usato da qualcuno su qualcun altro. Imperdonabile.  Difficile fermare chi pensa di poterti esporre come un trofeo, chi pensa che esporti al giudizio degli altri sia un atto che non obbliga alla responsabilità. Non c’è compassione, non c’è sensibilità, non c’è calore umano nella gente che guarda per puntare il dito. Inutile illudersi. Non ce n’è.

Ecco, questa mia breve esposizione può essere presa come arringa in tribunale per qualsiasi accusa mi venisse rivolta in futuro – anche nel futuro prossimo prossimo. Varrà pur qualcosa scrivere ogni giorno qui sul blog… eh!

 

 

 

 

 

 

 

 

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