L’insieme delle norme su cui è fondata la pratica di un’arte, di una professione o di una qualsiasi attività manuale o intellettuale è detta tecnica. Lo dice il dizionario Treccani, non io. Ha a che vedere con la preparazione e con l’acquisizione delle competenze, presupposti imprescindibili per potersi dichiarare idonei a iniziare una professione. Poi arriva l’esperienza. Non tutta in un colpo, a gocce.
Tra creativi che usano le immagini (Graphic Designer) e quelli che usano le parole (Copywriter), la preparazione è diversa ben al di là del mezzo usato per comunicare. Per un Graphic Designer è più precisa, più focalizzata. Ci sono i software dedicati che devi per forza saper usare perfettamente – qui le competenze non si possono millantare – e quello che produci è immediatamente riconducibile a quanto sei in grado di fare con il tuo lavoro. Al di là del gusto, al di là delle imperfezioni, al di là di tutto, nessuno può dire nulla davanti a un progetto ben realizzato. Basta guardarlo e arriva.
Per un Copy è proprio un’altra storia. Tutti usano le parole, tutti imparano a scrivere fin da bambini, tutti possono trovare altre parole, altri concetti, altri slogan migliori dei tuoi. Tutti. Anche quel simpatico del fruttivendolo sotto casa, che ogni volta che ti saluta al mattino se ne inventa una nuova. La sua creatività è decisamente sopra la media, ben superiore alla tua quando fissi impietrito il monitor in cerca di ispirazione. E da qui non se ne esce. Lavorare con le parole è una cosa che tutti pensano di saper fare, saper fare meglio di te che lo fai di professione.
E dar loro torto è difficile. Bisogna essere più abili, più agili, più lucidi. Più bravi. Sempre. Allora, forse, si convinceranno.
Una cosa si può fare, però, se l’amore che hai per le parole e tutto quello che contengono, tutto quello che fanno scoprire, tutto quello che sanno custodire, tutto quello che sanno fare per farti volare o farti disperare, è reale: nutrirle. Se dobbiamo scrivere di qualcosa dobbiamo “sapere di non sapere” (cit. Socrate), anche quando ci sembra non ci sia più niente da scoprire dobbiamo spingerci oltre e ricominciare daccapo. Finché non guardi una cosa da dentro non la conosci davvero. Se vogliamo crescere ed espanderci dobbiamo aprirci al mondo e assorbire tutto quello che riusciamo. Poi si sceglie, cosa tenere e cosa no, ma non possiamo smettere di sondare, di studiare e comprendere se vogliamo lavorare con le parole. Con rispetto e umiltà.
Le parole hanno sostanza e hanno una portata minima e una massima. Ci impongono cautela. Ci chiedono accuratezza. Ci suggeriscono di non fermarci alla superficie, la superficie non basta mai.
Non si raggiunge mai la perfezione, come non si finisce mai di imparare, ma questo un Copy lo sa. Si può sempre fare meglio e, spesso, sono gli altri a fare meglio, anche questo un Copy sa. Quello che gli altri ignorano invece è che un Copy che sa il fatto suo è un piccolo universo in perenne espansione. Uno qualsiasi di loro non sarà mai uguale all’altro. E poi “qualsiasi” è un termine che un Copy vero non userebbe mai.
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